CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura
Un fondo sociale per combattere le povertà più urgenti alimentato da una tas-sa-prelievo sui redditi più alti (oltre 80 mila euro d'imponibile): è la proposta di legge di cinque consiglieri regionali. "Salda un debito della politica".
Cagliari, 17 gennaio 2006 - La Sardegna come l'Isola dei poveri. Non è uno slogan, ma l'elenco, sempre più lungo, di quanti hanno difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena; un esercito di persone che soffre il disagio sociale; non solo diseredati e barboni, ma anche impiegati, quel cento medio che ieri assicurava salari sufficienti a vivere dignitosamente e che oggi, per l'allargarsi della forbice fra reddito e costo della vita, assicura solo acrobazie per arrivare a fine mese. Come dice qualcuno con amara ironia, il mese diventa troppo lungo. Per fronteggiare questa situazione (150 mila le persone in Sardegna che vivono con 300 euro al mese, più del doppio i poveri indicati dalla Caritas in un rincorrersi di analisi, numero e previsioni, sempre più allarmanti) alla quale la politica non riesce a porre rimedio con le armi ordinarie, quelle dello sviluppo e delle politiche attive del lavoro, la politica si muove su un'altra strada: l'istituzione di una tassa di scopo,che istituisce un "fondo di solidarietà sociale" alimentato da un'imposta prevista in ragione del 5 per cento su redditi abbienti, quelli che superano l'imponibile degli 80 mila euro.
Una proposta di legge in tal senso è stata presentata oggi dai consiglieri Peppino Balia, Paolo Maninchedda, Pierangelo Masia, Adriano Salis e Tore Serra. Affida ai Comuni, in prima linea nel gestire il welfare locale, la gestione delle risorse. C'è, implicito, nella legge, il disconoscimento dei risultati del governo regionale, per il quale "l'obiettivo primario - afferma Balia - resta quello di attenuare la disoccupazione", perché una povertà senza lavoro "è destinata solo a crescere".
In realtà gli strumenti messi in campo, finora, non hanno sortito l'effetto desiderato. Basti pensare all'Osservatorio regionale, nato non solo per raccogliere dati e invece finito nel pantano delle burocrazia, per rendersi conto che l'attenzione "verso gli ultimi" è stata meno intensa del previsto. Se Chiesa e volontariato hanno fatto il proprio dovere - ha detto, ancora, Balia - la politica no. Di qui la proposta di legge, "un debito della politica verso il sociale",
che toglie qualcosa a chi ha redditi più che dignitosi e "fa pagare" alla politica la colpa di questo ritardo con un ulteriore esborso del 15 per cento sui redditi elettivi o di nomina. Un modo, forse, di decurtare gli stipendio, ma "il modo" di indirizzare i proventi (se si aggiungono i redditi da consiglio di amministrazione, annessi e connessi, raggiungerebbero, secondo un primo calcolo dell'agenzia delle entrate "a molti milioni di euro") nel territorio, allentando fin dove possibile condizioni di disagio.
Una "tassa di scopo", l'ha definita l'on. Maninchedda con la previsione di intervenire sulle sacche di povertà, ma soprattutto di richiamare l'attenzione su un problema legato - soprattutto - all'assenza di politiche nella distribuzione della ricchezza; un "messaggio", ha detto l'on. Masia, in attesa di altri interventi che la politica, comunque, dovrà mettere in cantiere.
L'iniziativa è l'avvio di un discorso, al quale - ha spiegato l'on. Salis e l'on. Serra - la classe politica non intende più sottrarsi. (adel)
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