CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura
Presentato il volume sul Parlamento del conte di Mantellano (1698-99), "nuo-vo tassello" degli "Acta Curiarum" che copre oltre quattro secoli di storia sarda da Pietro Quarto alla "Sarda Rivoluzione". Un'opera di grande interes-se e spessore culturale.
Cagliari, 13 gennaio 2006 - Ventiquattro parlamenti, gli Acta curiarum del Regno di Sardegna, da Pietro IV d'Aragona (1355) agli stamenti della "Sarda rivoluzione" (1793-1799), un lungo percorso della storia sarda che il Consiglio regionale, "erede delle antiche Corti del regno", come lo ha definito Maria Rosa Cardia, ha voluto pubblicare e divulgare. Un lavoro complesso, difficile, sicuramente più difficile del previsto; quando il progetto è andato in cantiere (1983, ottava legislatura) dopo un'idea mai attecchita immediatamente successiva all'autonomia (1951) la previsione editoriale parlava di dieci anni. Ne sono passati venti e ne sono stati pubblicati soltanto otto; ciononostante per completare l'opera è prevista una straordinaria accelerazione e la conclusione entro la fine della legislatura in corso, la tredicesima. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Giacomo Spissu, presentando il Parlamento del viceré conte di Mantellano, non proprio fresco di stampa (risale al maggio dell'anno scorso) e, comunque, un passo avanti in questo percorso di straordinaria importanza anche per gli effetti della moderna storia dell'Isola. Definito da Spissu "uno strumento decisivo di conoscenza, utile a capire il passato", quello odierno "è un ulteriore tassello" di un'opera che consentirà di riscrivere, con maggiore cognizione di causa, non solo gli aspetti della società sarda, i suoi perenni conflitti, gli effetti negativi di dominazioni a volte insopportabili, ma anche un pezzo di storia spagnola e sabauda, tale e tanta è la ricchezza di informazioni che dalla meticolosa ricerca archivistica provengono.
Il Parlamento del viceré Giuseppe de Solis Valderabbano, conte di Mantellano, è l'ultimo della corona spagnola, alle prese con una difficile e sanguinosa successione alla morte di Carlo II. Il passaggio ai Savoia, alla ricerca di un titolo reale per entrare nel gotha europeo, segnerà un'altra tappa, altrettanto difficile e lo sforzo sabaudo di cancellare il passato, non del tutto.
L'opera, curata da Giuseppina Catani e Paola Ferrante, è stata presentata da Maria Rosa Cardia, professore associato di storia delle Istituzioni dell'università di Cagliari, dal prof. Gian Giacomo Ortu, sempre dell'ateneo Cagliaritano, e da Andrea Romano dell'Università di Messina. Dopo il saluto del presidente Spissu, il primo intervento è stato quello di Antonello Mattone, ordinario di Storia delle Istituzioni politiche dell'università di Sassari, e componente del Comitato scientifico, il quale ha ricordato una degli animatori dell'opera, il prof. Marco Tangheroni, grande studioso della Sardegna medievale, toscano con l'isola nel sangue, morto meno di due anni fa.
Una lunga attività di ricerca, numerosi scritti, insegnamento a Sassari; ed agli amici di Sassari, "con nostalgia e gratitudine" ha dedicato l'ultima opera, quasi una premonizione, pubblicata poco prima della fine. Tangheroni ha aperto e reso scientificamente autonomo un filone di ricerca, quello degli scambi economici nel Mediterraneo nel medio evo, che non sono solo di marca aragonese o catalana, ma hanno avuto nella Sardegna una realtà importante.
Maria Rosa Cardia ha parlato degli Acta curiarum come di una costituzione degli antenati, come antefatto del sentimento della "nazione Sardegna", aspetto sottolineato anche dal prof. Romano, per il quale è particolarmente significativo il nascere, in epoche remote, di "un quarto potere" espresso dalle comunità di villaggio, capaci di portata alla ribalta nuovi temi, opposti a quelli delle classi privilegiate, dalla povertà nelle campagne alle angherie baronali, dagli usi civici al servizio militare obbligatorio; movimento che darà voce ai ceti più umili e contribuirà a costituire una coscienza sociale.
Ortu ha ricordato la "scommessa" di una nobiltà, divisa fra i Borboni di Filippo (nobiltà recente, di grimpeur che cercava di ottenere prebende e riconoscimenti) e gli Asbugo-Carlisti (nobiltà di vecchio stampo, contraria a perdere qualsiasi privilegio). Diaspora che la corona spagnola, in crisi, risolverà in seguito, ma arrivando alle porte della pace di Londra (1720) che appagherà le mire dei Savoia cedendo a loro l'isola e, insieme, il titolo regio.
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