CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

Presentata la proposta di legge ("di solidarietà istituzionale") che istituisce i centri di primo intervento e case di accoglienza per le donne vittime della violenza. L'hanno firmata tutte le consigliere regionali. Un fenomeno grave (i numeri sono allarmanti) ma silente che si manifesta soprattutto in famiglia.


Cagliari, 22 novembre 2005 - Un fenomeno silenzioso, ovattato spesso dalla paura, a volte dal tentativo di salvare le apparenze, quasi sempre dai canoni della cultura sociale di impronta maschilista: è la violenza sulle donne, che si consuma soprattutto tra le pareti domestiche. Secondo l'Onu è il reato più diffuso dell'umanità; secondo l'Organizzazione mondiale della sanità le conseguenze dei maltrattamenti sono la prima causa di morte delle donne. I picchi più alti sono nel terzo mondo; ma anche in Italia non si scherza: in media ogni due giorni una donna viene uccisa dal partner. E' la punta dell'iceberg; ma il sommerso, drammatico e silente, è di proporzioni enormi. Eppure c'è un vuoto legislativo (qualcosa si è fatto, negli ultimi vent'anni, dopo la conquista della parità dei diritti. Ma le lacune sono evidenti) che le consigliere regionali, tutte insieme, centrodestra e centrosinistra, cercano ora di colmare con una proposta di legge "per l'istituzione di centri di violenza e case di accoglienza per le donne vittime della violenza", che assume toni di attualità se si considera  che gli atti di violenza, fisici, psicologici e sessuali, sono raddoppiati negli ultimi anni.

L'obiettivo è quello di creare una rete non sono di soccorso e di primi intervento, ma anche di prevenzione, consulenza, assistenza (molte donne hanno difficoltà, anche per motivi economici, a liberarsi dell'opprimente "circuito domestico") nel costruire un percorso che aiuti, come ha detto l'on. Francesca Barracciu (Ds), prima firmataria, ad uscire dal tunnel. L'iniziativa assume un forte significato politico, per la trasversalità che accomuna tutti in una proposta prima di tutto di civiltà.

Quello che, sino a qualche anno fa, "era un argomento tabù", ha detto l'on. Claudia Lombardo (FI), vicepresidente del Consiglio, comincia, dunque, ad affiorare; del fenomeno cresce la consapevolezza e la volontà di porvi un freno. I primo passo si è fatto con la legge 66 del 1996 che riconosce la violenza alle donne "delitto contro la persona". Ma la strada è ancora lunga.

La proposta di legge, ha detto l'on. Angela Corrias (Ds), è un passo importante perché esprime una solidarietà istituzionale (tutti i partiti vi hanno aderito) e contribuisce a creare una rete che garantisca il "dopo" rispetto alla rottura della sordida omertà che governa questi fatti, garantisce privacy e luoghi d'asilo.

Venerdì prossimo è la "giornata mondiale" della violenza sulle donne; l'ha ricordato l'on,. Maria Grazia Caligaris (Sdi), auspicando la partecipazione alla battaglia (bisogna creare un'opinione pubblica "forte" per evitare che l'iter della legge s'attardi e si complichi nei meandri della burocrazia) del volontariato, delle associazioni e, soprattutto, del movimento femminile. Preoccupazione che ha evidenziato anche l'on. Giovanna Cerina (Ps), che ha sottolineato un altro aspetto, quello della prevenzione: occorre fare in modo di conoscere le situazioni familiari, unico modo, spesso, "per anticipare i fattacci".

Grande attenzione, dunque, sul fenomeno, ignorato, invece, nel piano dei servizi alla persona, presentato da un assessore donna. Ma l'on. Paola Lanzi (Prc), che fa parte della commissione Sanità, ha precisato: un piano detta linee generali; sarà la    Commissione a evidenziare aspetti particolari; competenze decisive spetteranno ai Comuni, nella gestione dei servizi sociali. I centri antiviolenza e le case di accoglienza consentiranno di svolgere un'azione più efficace e puntuale.

Ora la proposta di legge sarà assegnata alla Commissione di merito (diritti civili o sanità?) e si spera che l'iter sia celere. Nella precedente legislatura un'altra iniziativa era rimasta colpevolmente al palo. (adel)


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