CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

I sindacati confederali in audizione alla Commissione bilancio sul Dpef esprimono un giudizio positivo sui grandi scenari, ma chiedono che la giunta regionale indichi gli strumenti operativi per avviare uno sviluppo economico equilibrato


Cagliari, 2 agosto 2005 - Maratona di audizioni, in Terza commissione (presidente l'on. Eliseo Secci), per l'esame del Dpef 2006-2008. In mattinata sono stati sentiti i sindacati confederali. Giudizio nel complesso positivo, quello espresso da Gino Mereu (Uil), Mario Medde (Cisl) e Giampaolo Diana (Cgil), anche se non sono mancate le riserve e, in qualche caso, le critiche. Il difetto principale di questo documento corposo (180 pagine più allegati) e la scarsa identificazione degli strumenti operativi. Si disegnano scenari, ma poco si dice quali saranno i modi per attuarli. Così e senza le puntuali specificazioni, il Dpef rischia d'essere "un trattato d'intenti". Resta, comunque, "un buon punto d'avvio per un  tavolo di concertazione" fra giunta e parti sociali. Potrà essere considerato l'anticamera di piano generale di sviluppo (previsto per l'autunno).

Mereu ha insistito sul fatto che hanno peso e spazio le strategie a medio e lungo termine, mentre c'è "scarsissima attenzione" per il breve periodo. Difficile prevedere, insomma, come far fronte "alle emergenze sociali ed economiche", che disegnano con toni anche drammatici alcune situazioni, a cominciare dalla grande industria. Chimica, metallurgia e manifatturiero mettono a rischio migliaia di posti di lavoro, ma, insieme al minerario, "restano a margine delle strategie di sviluppo". Dalla crisi della grande industria dipende il forte disagio di alcune aree.

Delineati alcuni scenari, dunque, il Dpef  non si sofferma sugli interventi. Non lo fa per il turismo, dove si limita "alla ridondante affermazione sul ruolo che il settore potrebbe avere nello sviluppo dell'isola"; né per la questione energetica facendo riferimento a Sapei, metanodotto Algeria-Sardegna, fonti rinnovabili, "ma trascurando le necessità immediate". Stesso discorso per l'agricoltura: non sono presi in considerazione "gli elementi contingenti della crisi", nonostante l'urgenza di interventi per scongiurare il dissesto finanziario di migliaia di aziende; anche per il lavoro il Dpef "lascia intendere" ma non dice come fronteggiare l'emergenza.

Mereu ha toccato punto per punto gli argomenti principali del documento, dalla formazione professionale al sistema scolastico, dalla ricerca all'ambiente, alle riforme istituzionali, "non più rinviabili".

Uno dei temi condivisi dal sindacato è il recupero del debito dello Stato nei confronti della Regione. Ma, dice Medde, rispetto alla semplice rivendicazione, nella vertenza "c'è un passo in più", perché la vertenza assume contenuti politici ed avvia il discorso sulle nuove norme statutarie. Quel debito è "una delle condizioni essenziali" per parlare di sviluppo e per realizzare l'obiettivo di fondo: dare alla Sardegna uno sviluppo equilibrato fra settori e fra territori. Tuttavia, anche per la Cisl, il Dpef è carente nella indicazione delle strategie da mettere in campo; da una parte (è il caso della sanità) rinvia gli strumenti ad atti della Giunta che non hanno scadenze prescrittive (i sei mesi previsti potrebbero prolungarsi nel tempo); dall'altra non definisce le forme di incentivo alle imprese, seguendo una politica spezzatino (interventi volta per volta, condivisibili ma forzatamente parziali) che il sindacato non condivide, anziché mettere in campo una legge quadro nel cui ambito trovino posto i vari interventi.

Il sindacato insiste anche sulle politiche del lavoro. Nel Dpef - ha aggiunto Medde - "c'è carenza espositiva"; ciò vale anche per l'imprenditoria giovanile, rimasta a secco per il mancato rifinanziamento della legge 1 (ex 28), nonostante l'elevata disoccupazione e la necessità di garantire uno strumento adeguato. Ombre anche sul diritto allo studio, perché la legge regionale 31 è vecchia, non tiene conto dell'autonomia degli istituti scolastici, dimentica alcune realtà, come l'assistenza alle famiglie degli studenti universitari fuori sede.

Fra gli aspetti che il sindacato non ha difficoltà a condividere, l'avvio (lo scorso anno) del risanamento del bilancio; anzi, c'è l'apprezzamento "per l'azione coraggiosa nei confronti del governo", ha detto Diana. Nell'attuale Dpef si continua su questa strada, nel segno della continuità; tuttavia ora il risanamento deve procedere sulla politica delle maggiori entrate anziché sul taglio alle spese. La vertenza con lo Stato deve coinvolgere - a giudizio della Cgil - tutte le forze politiche considerando l'importanza di vincere la battaglia. Il pregresso riguarda infatti oltre il 10 per cento del bilancio regionale.

Interventi più decisi sono stati sollecitati per una politica del credito che non trasformi la Sardegna in terra di "raccolta" e non di "impieghi". A parte il nuovo ruolo della Sfirs, a sostegno di un sistema economico debole che non si regge senza contributi pubblici ("non proviamo nostalgia del passato, ma la Regione deve svolgere un ruolo di supporto all'intero sistema economici"), trasformandosi in banca di affari e vigilando per scoraggiare i soliti "avventurieri" (un dato su cui riflettere: fra Stato e Regione la Sardegna è la regione che ha la maggior percentuale di capitale pubblico pro capite. Vista l'incertezza della nostra economia, "qualcosa non funziona"); "non possiamo assistere passivamente" al fatto che il 75 della raccolta abbia impieghi di natura finanziaria e solo il 7 per cento degli impieghi sia destinata all'isola.

Il discorso sul credito è preliminare allo sviluppo delle attività produttive, che, nell'isola, toccano il 13 per cento del peso economico, assai lontano dal 28 per cento del Centro Nord; mentre il peso dei servizi (a carico dei redditi derivanti dalla produzione) è, da noi, sensibilmente più alto. Di qui - sostiene la Cgil - la necessità di quel riequilibrio che il sindacato ritiene indispensabile.

Infine, le riforme. La "stagione" (come è stata definita questa legislatura) ha avuto una accelerazione iniziale, ma non ha portato a compimento il laborioso processo. Ora, venuto meno l'aire, "siamo fra color che son sospesi". Il rischio è di andare avanti lentamente, "con lo sguardo rivolto al passato". Ciò significa non colmare il gap con altre Regioni e non realizzare (siamo gli ultimi) neppure la "Bassanini", ormai considerata"archeologia istituzionale". (adel) 


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