CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislaturaL'assessore Pigliaru ha illustrato alla Commissione bilancio la filosofia del Dpef: competizione, coesione e occupazione le parole chiave di un progetto che punta sulle competenze per creare nuove condizioni di sviluppo. Il problema della partecipazione dei privati alla ricerca
Cagliari, 26 luglio 2005 - In centottanta pagine di fitta scrittura e tabelle la filosofia del Dpef - il documento di programmazione economica e finanziaria - che l'assessore Pigliaru ha illustrato oggi alla Terza Commissione, sotto la presidenza dell'on. Eliseo Secci. Competizione, coesione e occupazione le tre parole chiave del documento, a cui si ispira la "novità formale" che riguarda la riclassificazione dei progetti e delle attività della Regione (circa 400 iniziative) in base a quei tre punti: servirà, ha detto Pigliaru, "per valutare negli anni futuri l'efficacia degli strumenti messi in campo.
Oltre i tradizione scenari economici, il Dpef delinea con "la massima precisione possibile" le future azioni di governo. L'assessore ha parlato "con enfasi" della competitività, come elemento decisivo del futuro economico dell'isola; affermazione "non banale" che l'analisi del documento approfondisce ("non parliamo per slogan ma affidiamo all'analisi la premessa per disegnare politiche non generiche"); competitività - ha precisato - intesa come l'abilità di produrre, attraverso forze endogene, beni e servizi che consentano affermazione sui mercati.
La linea maestra è tracciata dalla strategia di Lisbona, una sorta di libro bianco dell'Unione europea, che definisce gli obiettivi, ma lascia confusi gli strumenti. In ogni caso si punta molto sulla conoscenza, risorsa che è ancora scarsa soprattutto in Sardegna. Per accelerare lo sviluppo bisogna puntare o sui bassi costi di produzione (pura utopia "in questa parte del mondo" a confronto di altri paesi dove il costo lavoro è di gran lunga inferiore al nostro) o sull'innovazione continua, unica strada che ci consente di avvantaggiarci. Deve cresce il valore del capitale umano, dunque, e deve crescere la ricerca. In Sardegna il valore di riferimento è assai basso, appena lo 0,70 del Pil, contro la media nazionale dell'1,16%. La carta di Lisbona indica il 3 per come traguardo.
A scoraggiarci è, più che il valore in assoluto, la composizione della ricerca. In Italia circa il 50 per cento è finanziato dai privati; la percentuale cala nel Mezzogiorno: il 25%. Ma precipita in Sardegna, appena lo 0,07 per cento, "un dato allarmante" che ci mette in coda a tutti. A dividerci dall'Italia è proprio l'apporto dei privati (la mano pubblica è abbastanza allineata).
La scarsa propensione all'innovazione delle imprese determina una bassa domanda per le alte competenze, che scoraggia, a sua volta, il capitale umano a investire. In sostanza le imprese non assumono e di conseguenza diventa rischioso investire nelle alte qualifiche. Indispensabile - ha affermato l'assessore - spezzare questo circolo vizioso: la Regione, anche attraverso le politiche del lavoro, i vaucher formativi, i tirocini e gli stage di eccellenza interviene sull'anello debole favorendo il rientro e il riassorbimento, da parte delle imprese, di coloro che hanno investito in alta formazione.
Il punto centrale del Dpef riguarda questo aspetto. L'altro "pezzo" del problema è dato dalla qualità della ricerca: biotecnologie, biodiversità e informatica sono canali preferenziali. Nuovi laboratori di eccellenza dovrebbero favorire questo processo.
Ma c'è da tenere conto che il frazionamento delle attività imprenditoriali non favorisce l'assorbimento delle alte specializzazioni; di qui l'impegno a incentivare le imprese associate per favorire la domanda di servizi collettivi. E' un progetto diverso, quello che il Dpef disegna.
Ma tutto ciò non basta. Molti strumenti adottati in passato a sostegno di attività innovative si sono rivelati "incoerenti e inefficaci"; non hanno, cioè, favorito l'innovazione; anzi, imboccando la strada dell'assistenzialismo, l'hanno disincentivata.
Di qui l'esigenza - altro aspetto peculiare del Dpef - di una valutazione appropriata delle leggi a sostegno delle imprese. La Giunta lo aveva annunciato l'anno scorso, ma - ha ammesso l'assessore - ha incontrato più difficoltà del previsto. Ha tuttavia iniziato, ridisegnando la legge 15 (incentivi all'industria), avendo valutato "deludenti" i primi due bandi; nelle performances aziendali il "peso" della legge è risultato scarso o nullo.
I prossimi strumenti - ha annunciato Pigliaru - dovranno consentire risultati favorevoli; i sistemi di incentivazione vorranno nuove leggi e nuovi strumenti, più specifici. Le politiche generiche, che monetizzano le diseconomie, non sono utili. Anzi, frenano lo slancio.
Coesione e occupazione sono due traguardi di medio periodo. La coesione postula un modello di sviluppo che valorizzi le risorse endogene e metta insieme le "specialità" economiche dei nostri saperi, attraverso l'integrazione del territorio. Il risultato è quello di stabilizzare le attività, metterle a reddito e creare lavoro più stabile, non così fortemente condizionato dell'andamento del mercato. (adel)
>