CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

I sindaci dei comuni isolani riuniti a Cagliari per eleggere il Consiglio delle autonomie


Cagliari, 15 luglio 2005 - L'importanza di un organismo di raffronto e confronto tra la regione e gli enti locali della Sardegna è stata ribadita dal presidente del Consiglio regionale, Giacomo Spissu, nel breve intervento con il quale ha aperto i lavori dell'assemblea regionale dei sindaci isolani, chiamati ad eleggere il primo Consiglio delle autonomie.

Nel suo breve cenno introduttivo, il presidente Spissu ha voluto ricordare il lungo cammino necessario per giungere a questo traguardo, un importante passo per un maggior coinvolgimento degli enti locali nei momenti decisionali della Giunta e del Consiglio. Dopo l'intervento del presidente dell'Assemblea regionale, (che alleghiamo), sono iniziate le operazioni di voto che si concluderanno nel primo pomeriggio.

Signori Sindaci, Signori Presidenti di Provincia,

si tiene oggi la prima Assemblea dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia per procedere alla elezione del Consiglio delle Autonomie locali in attuazione della L.R. 17 gennaio 2005, n.1.

Il Consiglio Regionale della Sardegna ha voluto con molta convinzione, all'unanimità, questa legge che costituisce un deciso passo in avanti nella costruzione di un sistema permanente e istituzionalizzato di leale collaborazione e cooperazione fra la Regione e le Autonomie locali nei processi di riorganizzazione amministrativa, di crescita civile ed economica della nostra Isola.

Quella della cooperazione e della collaborazione fra Enti Locali e Regione è un tema di straordinaria attualità, e si colloca nel più generale dibattito e confronto aperto nel Paese sull'equilibrio e collegamento fra poteri e competenze di carattere amministrativo o legislativo, che deve discendere dalla modifica del TITOLO V della Costituzione, che ha stabilito la pari ordinazione fra Stato - Regioni - Comuni - Province e aree metropolitane.

Già dal 1990 con la legge 142, a Voi nota, si attribuiva alle Regioni con loro leggi il compito di disciplinare la cooperazione dei Comuni e delle Province fra loro e con la Regione, al fine di realizzare un efficiente sistema istituzionale.

Com'è noto, però, la parte della 142 che introduceva il concetto di sistema delle autonomie locali è tra quelle più inattuate, essendo prevalsa nella concreta esperienza delle Regioni un'idea e soprattutto una pratica di rapporti gerarchici, in cui gli enti locali sono - quando va bene - i terminali di politiche regionali, che però essi non contribuiscono, se non marginalmente, ad orientare.

La nostra Regione non si è certo differenziata da questo quadro di generale inattuazione del nuovo assetto dei rapporti Regione - enti locali introdotto dalla 142.

L'unica iniziativa di un qualche rilievo al riguardo è stata, infatti, l'istituzione, nel novembre 1993, della Conferenza permanente Regione -enti locali, istituzione avvenuta però non per legge, come avrebbe richiesto la 142, ma per atto amministrativo.

Ma quella Conferenza, avendo un carattere esclusivamente consultivo, non ha mai assunto un ruolo nella definizione delle politiche regionali d'interesse degli enti locali.

Il punto di svolta nell'assetto dei rapporti Regione - enti locali è rappresentato, a livello nazionale, prima ancora della riscrittura del Titolo V della Costituzione, dalle modifiche dell'ordinamento "a Costituzione vigente" che tutti conoscono col nome del ministro Bassanini.

La nostra legge regionale, infine, sviluppa, in maniera a mio giudizio positiva, l'obbligo costituzionale introdotto dal nuovo Titolo V, andando oltre la pur rilevante funzione consultiva che la Costituzione assegna al Consiglio delle autonomie.

Secondo la nostra legge regionale, la funzione consultiva prevale nel rapporto fra il Consiglio delle autonomie e il Consiglio regionale, né d'altra parte la legge regionale ordinaria avrebbe potuto disporre diversamente, essendo noi in presenza di vincoli statutari che riservano al Consiglio regionale il potere legislativo, vincoli la cui eventuale rimozione potrà essere valutata nel quadro della revisione dello Statuto regionale.

Accanto alla funzione consultiva, il Consiglio delle autonomie come configurato nella nostra legge, ha però altre due funzioni di rilevanza almeno pari, che meritano di essere brevemente evidenziate.

Innanzitutto vi è nella legge, per la prima volta nell'ordinamento regionale, l'introduzione di una forma forte di concertazione tra Regione ed enti locali: sono individuate cioè categorie ampie di atti che il Governo regionale non può adottare senza aver prima conseguito l'intesa, sul loro contenuto, con la rappresentanza istituzionale degli enti locali.

Accanto alla funzione consultiva ed a quella concertativa vi è poi una funzione il cui sviluppo è condizione e premessa dell'efficacia delle altre: mi riferisco alla funzione che la legge definisce di "rappresentanza istituzionale". Si tratta di una funzione che, fino ad ora, è stata svolta, in maniera indubbiamente efficace, dalle associazioni degli enti locali, il cui ruolo tutti noi conosciamo ed apprezziamo e alle quali questa legge assegna una funzione nella Conferenza Regione - Enti locali.

E', però, evidente che la formazione del Consiglio delle autonomie può far compiere un salto qualitativo alla capacità degli enti locali di definirsi come sistema e di agire di conseguenza, entrando appieno nell'assetto istituzionale della Regione.

Oggi - in una forma che giustamente ha anche una qualche solennità - inizia un percorso che, naturalmente, non è né già tutto tracciato né certamente sarà privo di ostacoli e richiederà correzioni, rettifiche, integrazioni ed anche molta cura nella "manutenzione".

C'è, intanto, un problema di fonti normative, in gergo giuridico, che è però anche un problema di garanzie e di poteri. Anche prima che intervenisse il Governo, nel modo assai discutibile attraverso l'impugnativa della legge, che il Consiglio regionale ha lamentato, sapevamo bene che la sede naturale per definire e garantire i poteri del Consiglio delle autonomie deve essere una norma che si collochi al di sopra della legge regionale ordinaria e non possa, quindi, essere estemporaneamente derogata da una qualsivoglia legge regionale sopravvenuta.

I poteri oggi attribuiti al Consiglio delle autonomie dovranno, cioè, trovare riconoscimento e garanzia nella legge statutaria sulla forma di governo della Regione. In quella sede sarà, anzi, possibile estenderli ulteriormente, come per esempio all'iniziativa legislativa o ai referendum, senza dimenticare che un'ulteriore e più radicale espansione del ruolo degli enti locali, nell'assetto istituzionale della Regione, sarà possibile in sede di revisione dello Statuto. Per intanto, tuttavia, credo debba essere apprezzato il fatto che, comunque, il Consiglio delle autonomie si costituisce ed inizia ad affermare la sua presenza, potendo anche esprimere la sua posizione sulla parte di suo interesse della legge statutaria sulla forma di governo, nel momento in cui - presto, io credo - il Consiglio se ne occuperà.

Non v'è dubbio che la partecipazione del Consiglio delle autonomie al procedimento legislativo, attraverso i pareri obbligatori previsti dall'articolo 9 della legge, costituisce un aggravio della procedura e sembrerebbe porsi, dunque, in controtendenza rispetto al tentativo, che proprio in questi giorni andiamo facendo, di dare più speditezza all'iter delle leggi. Il problema obiettivamente esiste, ma la via d'uscita è una sola: cogliere anche questo come uno stimolo a modificare sostanzialmente il modo di lavorare del Consiglio, lavorando di più, ovviamente, ma soprattutto lavorando meglio, cioè in modo più prevedibile ed organizzato, con una efficace e per quanto possibile condivisa programmazione dell'agenda legislativa.

Un'opportunità ed una sfida ci viene anche dall'articolo 11 della legge, che ci impone di assicurare "pari opportunità" nell'informazione ai consiglieri regionali ed ai componenti del Consiglio delle autonomie.

Questa può essere l'occasione per revisionare complessivamente il sistema di circolazione delle informazioni sull'attività del Consiglio regionale, sfruttando fino in fondo le potenzialità delle nuove tecnologie e cogliendo l'occasione per aprire il Consiglio regionale non solo ai rappresentanti degli enti locali, ma a tutti i cittadini.

Siamo, perciò, in presenza di una sfida rivolta alla costruzione di un sistema istituzionale e amministrativo che può essere vinta se è condivisa e se i rapporti fra gli eletti, rappresentanti degli interessi generali della nostra Sardegna, saranno improntati seriamente alla parità, alla collaborazione, alla partecipazione all'uso corretto delle risorse, alla ricerca di prospettive comuni di crescita e di sviluppo della nostra Isola.

Viviamo un periodo di grande e intenso cambiamento dei rapporti fra lo Stato e le Regioni, il disegno costituzionale che si afferma in Parlamento non è per noi soddisfacente né rassicurante.

Il Regionalismo e le competenze delle Regioni ordinarie sono cresciuti e si è via via attenuata la specialità, costituzionalmente, prevista per la nostra Regione e per le altre speciali, c'è nel Paese una udienza minore per le Regioni speciali: le Regioni sono tutte diventate speciali.

Occorre, quindi, perché valgano, ricollocare le ragioni della nostra specialità non astrattamente rivendicando i motivi della differente condizione della Sardegna, ma concretamente riformando il nostro Statuto di autonomia, che deve essere basato su un corposo preambolo politico identitario e sulla puntuale definizione degli ambiti della nostra competenza esclusiva, di quella concorrente, di quella riservata allo Stato.

Abbiamo avuto modo di verificare, per esempio, la pratica attuazione del concetto di "prevalente interesse nazionale" introdotto nelle modifiche costituzionali approvate in Parlamento.

Il prevalente interesse nazionale:

- Coste

- Eolico

- questa stessa legge

- servitù militari

    Occorre perciò adeguare rapidamente i nostri comportamenti e le nostre decisioni.

    Il Consiglio delle Autonomie serve anche a questo: se fosse o diventasse un passaggio a livello, che può bloccare il traffico, avremo fallito clamorosamente e con noi la Sardegna.

RAPPORTO INTERNO

    Siamo impegnati a concludere il processo riformatore avviato e dare ad esso un senso politico generale di funzionamento, di efficienza, e di rapidità nelle decisioni o avremo creato un clamoroso ingorgo istituzionale e l'immagine presso l'opinione pubblica sarebbe devastante.

8 PROVINCE

- Riforma C.M.

- Consorzi industriali

- Riforma degli Enti Strumentali

- Autorità d'Ambito

e oggi il Consiglio delle Autonomie

un grande sistema democratico, rappresentativo, che può deragliare se non si mantiene la stessa direzione di marcia e se non restano agganciati tutti rappresentanti, sono certamente sinonimo di grande democrazia ma occorre impegnarci tutti per vincere la sfida del cambiamento.

Dobbiamo tutti sentirci protagonisti del cambiamento e della buona riuscita di questa importante missione.


>