CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

Sul progetto di legge dei servizi integrati alla persona la Settima commissione ha sentito i rappresentanti del volontariato, delle associazioni di promozione sociale e delle cooperative sociali.


Cagliari, 13 luglio 2005 - Separare la sanità dal sociale (soverchia la preponderanza economica della prima. Preoccupazione che si manifesterà anche nella collaborazione fra Asl e Comuni nella gestione dei servizi integrati alla persona) assicurando al sociale dignità ed autonomia: è la richiesta che arriva dal mondo del volontariato, dell'associazionismo e delle cooperative sociali, oggi in audizione presso la Settima commissione, presieduta dall'on. Pierangelo Masia. La legge che disciplina  questo settore trova consensi perché "finalmente si esce dal sistema a singhiozzo e si entra in un meccanismo che si confronta con i bisogni reali della gente" - lo ha detto Giampiero Farru, di Sardegna solidale, presidente del Forum del Terzo settore; ma non supera, il progetto di legge, tutte le eredità del passato. Si accorciano le distanze fra istituzioni e cittadini, ma si continua a privilegiare per alcuni aspetti il vecchio sistema (quello che affida la leadership ai Comuni capofila anziché trovare un meccanismo di premialità per i Comuni associati. E' questa la maggiore preoccupazione del mondo del volontariato, che ieri, a Oristano, ha riunito 138 associazioni della Sardegna per riaffermare i principi ispiratori dell'azione, in parte coincidenti con la legge esitata dalla Commissione: sussidiarietà, solidarietà,collaborazione leale sono valori condivisi richiamati nel testo; ma qualche precisazione - ha detto Farru - va fatta, come il richiamo ai "soggetti sussidiari", anziché "solidali", come il testo indica, per il semplice fatto che la solidarietà è di tutti, mentre la sussidiarietà riconosce il servizio anche ad altri, non solo alle istituzioni pubbliche.

Il volontariato vuole diventare un "padre nobile" della legge; ha ricordato Farru come le 138 associazioni sarde hanno avviato, primo caso in Italia, un progetto unitario, nel quale gratuità e bene collettivo sono enfatizzati. Preoccupazione genera il richiamo della legge alle "risorse", immateriali quelle del volontariato, fatte di disponibilità e di esperienza. Meglio specificare, altrimenti, interpretando male il testo, questo settore rischierebbe di essere escluso. Bene le misure per contrastare la povertà (150 mila persone vivono, in Sardegna, al di sotto del minimo vitale), purché non si voglia fare pura assistenza ma si mettano in campo misure di inserimento produttivo.

Fra gli attori sociali hanno chiesto spazio le associazioni di promozione sociale, che, in assenza di una legge regionale che recepisca la legge nazionale (383/2000) "non hanno una casa propria" e si trovano in una sorta di limbo che rischia di metterle all'angolo. Il progetto di legge - ha sottolineato Tore Farina, coordinatore delle associazioni - non fa menzione specifica e il vuoto, considerato il ruolo cruciale della promozione sociale, va colmato.

Enzo Porcu, della Legacoop Sardegna, che ha rappresentato le cooperative sociali, ha ricordato il ruolo e il peso di queste ultime: 470 in Sardegna, 350 società di tipo A (direttamente impegnate nell'erogazione dei servizi), 120 di tipo B (impegnate nell'integrazione e l'inserimento dei soggetti svantaggiati). Un ampio curriculum, con esperienze ieri d'avanguardia, oggi di "sintonia" con le leggi del settore ("ci ritroviamo negli indirizzi che la legge propone") che autorizzano a parlare di professionismo. Di  qui una serie di sottolineature, prevalentemente tecniche, per riconoscere il ruolo.

Sul rapporto squilibrato a favore della sanità è ritornato Carlo Tedde, di Federsolidarietà Sardegna, presidente di Confcooperative, chiedendo che ai Comuni "sia riconosciuto il 51 per cento" nella adozione dei piani locali unitari dei servizi (Plus); mentre Elisabetta Nannini (Anffas) interpreta con cautela il richiamo alla famiglia quale "attore sociale di base". Non sarà, si è chiesta, che il momento di crisi economica fa rigettare sulla famiglia il problema dei portatori di handicap; famiglie - ha precisato - per lo più monoreddito, quasi tutte al di sotto della soglia di povertà. Il piano (e la sottostante legge) bisogna che tenga conto di questa realtà, spesso drammatica.

Per sollecitare ulteriori precisazioni, hanno posto domande i membri della Commissione Silvio Lai (Ds), Tore Amadu (Udc), Mariuccia Cocco (Margherita). Si è riparlato dell'Osservatorio delle povertà, organo creato dalla giunta di centrodestra e "adottato" da quella di centrosinistra, che non si riunisce. "Vorrei sapere il motivo", ha chiesto l'on. Cocco. Laconica la risposta di alcuni componenti, presenti all'incontro: "Anche noi". (adel)


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