CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislaturaI sindacati in audizione alla Settima Commissione: d'accordo, ma con riserva, sul sistema integrato dei servizi alla persona. La proposta della Giunta è stata "decisamente migliorata", ma restano zone d'ombra: scarse le risorse finanziarie, necessario adattarlo ai bisogni del territorio
Cagliari, 13 luglio 2005 - Giudizio positivo, con alcune riserve, quello espresso dai sindacati sul piano dei servizi alla persona, decisamente migliorato dopo il passaggio in Commissione e le modifiche apportate al testo originario della Giunta. Le riserve riguardano in primo luogo le risorse finanziarie, non quantificate, ma sicuramente insufficienti, e una sorta di anonimato (è un piano - hanno ripetuto - che va bene per qualsiasi regione; non rispecchia, insomma, la situazione della Sardegna) che lo caratterizza e richiede una serie di approfondimenti. Apprezzabile, invece, il principio dell'integrazione col piano sanitario, rispetto al quale "non deve avere un ruolo residuale" ma deve essere considerato come "propedeutico a un progetto di sviluppo sociale" (Elisabetta Perrier, segreteria regionale Cgil). Vanno definiti alcuni aspetti sia per determinare il ruolo degli attori sociali (soggetti solidali e volontariato) e professionali che concorrono alla realizzazione del sistema integrato; si deve ripensare al segretariato sociale, non citato nel piano ma presente nella legge quadro nazionale (328), di cui il piano rappresenta il recepimento (Oriana Putzolu, Cisl); si deve approfondire il discorso della carta dei servizi, definendo i criteri di accesso ai servizi e, in particolare, le procedure per assicurare tutela agli utenti (Isetto Doneddu, Uil Ppl) e precisare la corretta applicazione dei criteri per l'accesso insieme all'accreditamento dei soggetti chiamati a erogare i servizi (Giorgio Lucio e Lino Marrocu, Ugl); si deve fare in modo, precisando meglio i ruoli (ad esempio, quello delle Province), che i soggetti istituzionali si mettano d'accordo per evitare lo spreco di risorse (Giacomo Meloni, Sindacato sardo); ma, nel complesso, il piano riscuote consensi con una ulteriore raccomandazione: va approvato rapidamente.
Il motivo è evidente: crescono in Sardegna le nuove povertà e la Regione ha il dovere di porvi rimedio. Vanno perciò definiti i livelli essenziali (ricorrendo allo strumento dell'Isee, l'Indicatore nazionale della situazione economica equivalente) per l'accesso ai servizi, ma va, soprattutto, qualificata l'offerta; i servizi devono infatti accompagnare un processo di integrazione della persona (ad esempio, l'inserimento nel mondo del lavoro), non devono limitarsi a un intervento assistenziale, che non serve a nient'altro che a perpetuare la situazione di disagio e di bisogno.
Se il sindacato dice sì (Cgil) alle misure di contrasto della povertà, anche attraverso il "reddito di cittadinanza", non nasconde tuttavia i rischi e ritiene che interventi del genere devono avere una scadenza temporale al di là della quale va prevista l'integrazione con altre politiche.
Cautela anche sull'osservatorio della povertà, strumento regionale istituito dalla precedente Giunta e confermato da quella attuale (serve o non serve? Se lo è chiesto, dubitando, l'on. Mariuccia Cocco della Margherita) che solleva perplessità sul ruolo (la legge non lo cita neppure, ma essendo formalmente in piedi, per quanto mai convocato, dovrà probabilmente occuparsi di indagare sugli scenari regionali) non dovendo - ha detto Elisabetta Perrier - non aggredire con misure dirette il fenomeno, ma prevedere politiche di sviluppo. Nessuno nega, tuttavia, che, "se ha strumenti per funzionare", l'osservatorio potrebbe essere di utilità (Michele Calledda, Uil) a indagare sulle nuove povertà, che sono in forte crescita, anche nei territori urbani e in aree (come Cagliari) dove probabilmente non si avverte nella giusta misura il disagio di persone e ceti sociali sino all'altro ieri ritenuti benestanti.
Ci sarà, insomma, ancora da lavorare per mettere a regime il testo elaborato dalla Commissione - alla quale è andato l'apprezzamento per qualità e quantità del lavoro - chiamata anche a occuparsi, lo ha detto il presidente, on. Pierangelo Masia, della dotazione finanziaria della legge, dotazione che rende l'on. Giorgio Oppi (Udc) pessimista ("le risorse sono insignificanti e questo piano è destinato ad essere un libro dei sogni").
Ci sarà da lavorare anche su aspetti operativi, ad esempio sulla dimensione territoriale della gestione del piano, per adesso equiparata ai distretti di origine sanitaria. Ma l'on. Silvio Lai ritiene che se il distretto va bene per la gestione ospedaliera (per la quale sono stati creati), vada meno bene per quella socio assistenziale e chiede il parere del sindacato. In effetti il distretto è ampio; ma non dappertutto allo stesso modo; per cui è meglio - dicono Cisl e Cgil - partire con questo assetto e modificare le cose in corso d'opera, anche attraverso i Plus (il piano locale unitario dei servizi). Sarà l'occasione per tarare meglio un piano "adatto a tutte le regioni" e connotarlo alle nostre esigenze, per evitare (Cisl) "nostalgia della legge 4", legge di avanguardia, non limitandosi a recepire semplicemente la legge quadro nazionale, ma costruendo "una 328 per la Sardegna". (adel)
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