CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

La Commissione diritti civili ha visitato il carcere di Alghero. "Lieve" carenza negli organici (secondo il direttore; ma il sindacato protesta: in arretrato ferie e riposi) e alta presenza di stranieri i problemi maggiori.


Cagliari, 4 luglio 2004 - Messo a raffronto con quello di Sassari, quello di Alghero - dove la Commissione diritti civili, presieduta dall'on. Paolo Pisu, ha concluso la visita conoscitiva - appare ancora come un carcere modello, anche se ci sono alcuni problemi che il direttore, Francesco Giganti, minimizza ("una leggera carenza di personale", dice) e qualche sindacalista, invece, amplifica ("non abbiamo potuto godere le ferie dell'anno scorso, con i riposi diamo in arretrato; mai una circolare sulla gestione organizzativa del lavoro", dice Giuseppe Cattano, Sinape). Rispetto al 1998, quando il carcere è stato riaperto come casa di pena per detenuti con condanne in giudicato, le cose non sono migliorate. Tutt'altro. Il numero degli "ospiti" si è raddoppiato, circa la metà sono stranieri (nord africani); invece sono diminuiti gli agenti di custodia. Meno 20, rispetto al recente passato; ma con tendenza a ulteriori riduzioni (i 5 in pensione negli ultimi cinque mesi non sono stati sostituiti). "Abbiamo presentato il problema in tutte le sedi - assicura il direttore - ma non ci hanno mai risposto. Abbiamo chiesto almeno 20 unità e un paio di poliziotte, per i colloqui". C'è da aggiungere che nel carcere di Alghero sono state avviate numerose "attività trattamentali", come si chiamano in burocratese; sono i corsi di formazioni, le attività manuali, tutto ciò che dovrebbe essere parte essenziale dei programmi di rieducazione reinserimento. Sembra che il ministero abbia risposto: riducete le attività. Soluzione che farebbe regredire la qualità della vita carceraria.

Col sindacato, in particolare il Sinape, ammette il direttore, è in atto una querelle; ma niente di grave. Il sindacato, invece, rincara la dose e parla di difficoltà oggettive nella sorveglianza: uno poliziotto è chiamato a svolgere contemporaneamente il lavoro in due sezioni, anche di piani diversi; il sacrificio è all'ordine del giorno: si pensi che i colloqui fra detenuti e familiari possono avvenire solo perché gli agenti accettano di fare straordinario. Ma il motivo principale del dissenso è la mancanza di circolari sull'organizzazione del lavoro e sull'assunzione delle responsabilità. Un documento unitario puntualizza gli aspetti più importanti

La presenza dei detenuti stranieri complica le cose, nel senso - spiega una guardia penitenziaria - che chiedono tutto subito; non avendo rapporti col territorio, né familiari, sono più difficili da gestire.

Quanto agli episodi di autolesionismo (due tentativi di suicidio di recente, nell'arco di una settimana; entrambi sventati d'un soffio; e qualche altro episodio sul quale è stato mantenuto riserbo) rientrerebbero "nella norma", classificabili come "atti dimostrativi".

La Commissione - alla quale hanno partecipato anche i due consiglieri locali, onorevoli Pino Giorico e Mario Bruno - ha visitato la struttura e si è intrattenuta a colloqui con i detenuti. Le celle ampie, i servizi in uno stanzino a parte fornito anche di doccia, sono sicuramente più adeguate e per quanto non si tratti di un soggiorno di piacere, la luminosità, gli spazi comuni e le attività formative (avviato anche un polo universitario) perdono quell'aria tetra e intimidatoria che molte carceri (San Sebastiano compresa) hanno.


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