CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

Le conferenze di distretto sentite dalla Commissione Sanità sulla bozza di legge sul sistema integrato dei servizi alla persona. Perplessità sulla concertazione: gli ultimi cinque anni hanno insegnato che le Asl sono "controparte" degli enti locali.


Cagliari, 30 giugno 2005 - Perplessità sul "sistema integrato dei servizi alla persona". Il testo unificato, all'esame della Settima commissione presieduta dall'on. Pierangelo Masia, non convince le Conferenze di distretto che rappresentano i sindaci, suddivisi sulla base delle vecchie aziende sanitarie. Lo spauracchio sono le Asl, che hanno sempre dettato legge sulla politica sanitaria del territorio e, di riflesso, anche sul sociale, lasciando inappagate le aspettative delle amministrazioni locali. Oggi i rappresentanti dei distretti (solo in quattro hanno risposto all'appello, quattro su ventidue) sono stati ricevuti, in audizione, dalla Commissione.

Lamentele scontate, quelle dei sindaci, che rivendicano la specificità dei territori: dai piccioli Comuni, dove è difficile erogare servizi alla persona, alle aree metropolitane (Cagliari e Sassari) che costituiscono poli di attrazione e sommano ai bisogni propri quelli di chi ad esse fa riferimento. La legge in esame - hanno detto, più o meno con gli stessi toni, gli interessati - ha molte zone d'ombra, non chiarisce il ruolo delle autonomie locali e a volte interferisce sulle stesse, come per la nomina dei dirigenti dei servizi, che la Regione si riserva di autorizzare.

"Scettica" si è definita Antonella Sotgiu, sindaco di Cossoine e presidente del distretto di Alghero, riferendosi, soprattutto, al ruolo dei piccoli Comuni, nei quali le scarse risorse finanziarie non danno spazio ai servizi alla persona e dove non esiste alcuna integrazione con l'azienda sanitaria. Di fronte a patologie sociali, come quelle riferite alla salute mentale, l'ente locale deve sopperire anche servizi di altri ("il centro di igiene mentale è molto carente; non esiste un'operatrice sociale che possa aiutare situazioni familiari pesanti"). Asl ed enti locali viaggiano su diverse lunghezze d'onda, per cui, anche quando si interviene (è il caso dell'assistenza domiciliare integrata) si omette d'informare gli operatori.

A preoccupare gli amministratori sono soprattutto i soldi. A chi arrivano? Ai Comuni o alle aziende sanitarie? Sono - se lo è chiesto Emanuele Trudu, sindaco di Ales - aggiuntive rispetto alle assegnazioni ordinarie oppure no? Se no, "i Comuni non sono in grado di provvedere ai servizi". E, ancora, se le risorse vanno divise per distretto, ciò significa che i distretti dovrebbero godere di autonomia; ma c'è il sospetto che le Asl interferiranno, e non ci sarà - come la legge prevede - alcuna contrattazione.

In sostanza - ha detto Mariangela Cuccui, sindaco di Ortueri e presidente del distretto di Sorgono - l'Asl rischia di rimanere "una controparte", avara nel concedere servizi soddisfacenti per il territorio. L'esperienza degli ultimi anni rafforza questa tesi, una "esperienza sofferta" che questa legge non sembra cancellare.

Dubbioso anche Angelo Vargiu, assessore ai servizi sociali e delegato dal sindaco di Cagliari, sulla concertazione: tanto per cominciare non c'è stata da parte della Giunta. Se il nanismo dei piccoli centri è un handicap, anche il gigantismo dell'area metropolitana di Cagliari è problematica, perché assorbe la domanda di sociale delle piccole amministrazioni. Esiste una specificità - e così per Sassari - che la legge dovrebbe prevedere. Problemi seri gravano sulla città capoluogo: dagli asili nido ai

"senza fissa dimora", per i quali bisogna prevedere "una residenza anagrafica convenzionale" perché godano dei diritti civili. Alcune osservazioni (reddito di cittadinanza, progetti obiettivo, accreditamento) disegnano una legge debole, che ha bisogno di essere approfondita.

Nella breve discussione finale sono intervenuti gli onorevoli Silvio Lai (Ds) e Tore Serra (Pdci). (adel)


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