CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

Comuni in difficoltà nell'attuazione del sistema sociosanitario: l'Anci chiede alla Settima commissione di evitare che il sociale sia "la sorella minore malata" di una sanità indebitata. Anche le province chiedono un ruolo nella predisposizione dei piani: "Non vogliamo essere invitati di pietra"


Cagliari, 29 giungo 2005 - Sul "Sistema integrato regionale dei servizi alla persona" (testo unificato delle proposte di legge Lai e Capelli, "rivisto" dalla Giunta), la Settima commissione, presieduta dall'on. Pierangelo Masia, ha sentito stramattina in audizione l'Anci e le Province, soggetti "nuovi" (se la Regione delegherà) della programmazione sociosanitaria.

Umberto Oppus, responsabile delle politiche sociale dell'Associazione dei Comuni, "soddisfatto in linea di principio" per una legge che, finalmente, affronta il problema della convivenza, con reciproca dignità, del sociale e del sanitario, ha tuttavia evidenziato alcune carenze: ad esempio, il fatto che tutti i Comuni siano trattati allo stesso modo. In quelli piccoli, sotto i tremila abitanti, che in Sardegna sono la stragrande maggioranza, le difficoltà sono maggiori per la inadeguatezza delle risorse. Ha fatto l'esempio di Escolca, che per il sociale ha un trasferimento di 40 mila euro, con i quali deve assistere 15 anziani in stato di demenza e 20 sofferenti mentali.

Altro aspetto, la burocrazia e la necessità di raccordare, in un testo unico, le leggi di settore. Il sistema integrato ne deve tener conto, altrimenti gli operatori sociali  perdono il connotato di operatori sul campo per il monitoraggio dei bisogni della gente e si trasformato in amministrativi.

Stabilire i confini fra sociale e sanitario è un proposito che la nuova legge si pone; ma non rompe con i vecchi schemi e continua a considerare - sostiene l'Anci - "il sistema sociale come sorella minore malata di un sistema sanitario in delirio cronico". Ai Comuni arrivano più competenze e meno soldi. L'equazione non regge.

Infine, se la politica sociosanitaria deve essere espressione del territorio, bisogna tenere conto della riforma delle Comunità montane, soggetti "attivi" nell'individuare bisogni, priorità, emergenze.

Ma c'è prospettiva e spazio per le politiche sociali, se le manovre finanziarie della Regione sono guidate dal deficit della sanità. Si avrà la forza - si chiede l'Anci - di cambiare musica?

Fra l'altro - l'ha ricordato Daniela Sitzia, responsabile del settore tecnico - crescono le patologie ad alto peso sociale, alzheimer e demenze senili prima di tutto; si sente sempre di più bisogno di fornire assistenza ai bambini in età scolare e va difeso l'aspetto educativo riabilitativo, che non deve essere un fatto sporadico (i progetti obiettivo, di breve periodo, devono essere sostituiti da interventi "a vita", ha aggiunto Salvatore Planta). Fra gli obiettivi della "promozione sociale", quella di mantenere gli standard delle patologie. Ma i Comuni si dichiarano impotenti a fronteggiare questo fenomeno.

"Forte perplessità" anche sull'attuazione dei Plus (piano locale unitario dei servizi): necessità - sostiene l'Anci - "un investimento importante per la formazione e per il supporto tecnico per la stesura degli accordi di programma e successive convenzioni".

Sono intervenuti gli onorevoli Frau (Progetto Sardegna), Landi (Prc) e Uggias (Margherita).

In audizione anche le Province (presenti sette, mancava solo la Gallura, che ieri, tuttavia, ha partecipato all'incontro di Nuoro per discutere la proposta di legge) e documento unitario con due segnalazioni: la prima riguarda il ruolo che questi enti territoriali avranno nella predisposizione dei Plus; nel disegno di legge 85 (12 gennaio 2005) sul "conferimento di nuove funzioni e compiti agli enti locali", le Province hanno un ruolo attivo di definizione e attuazione dei piani di zona. Qui, invece, sembrano "invitati di pietra", come li ha definiti Pasquale Onida, in qualità di presidente della Provincia di Oristano, con un ruolo secondario.

Il presidente, on. Masia, ha detto che "c'è voglia di decentramento" e, del resto, le province sono più vicine alla gente. Stesso concetto che aveva espresso l'on. Paolo Fadda (Margherita) per il quale, altrimenti, sarebbe evidente la contraddizione: che motivo c'è di creare nuove Province, se non si danno gambe per camminare. Delega su tutto, ha sostenuto Fadda, e coordinamento dei piani comunali dei servizi sociali. Senza il trasferimento delle competenze,  gli assessori provinciali dei servizi sociali "sono inutili" e devono cercarsi altro da fare. (adel)


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