CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

"La situazione dell'agricoltura sarda? Difficilissima, servono iniziative moderne, incisive" Una lunga intervista col presidente della Quinta commissione del Consiglio regionale, Alberto Sanna


Cagliari, 27 maggio 2005 - La drammatica situazione del mondo agricolo sardo è ben nota e non registra alcun segno di miglioramento, anzi. Alle difficoltà causate dalle carenze strutturali, dalle annate siccitose, dai costi di produzione in vertiginosa crescita, dallo scarsissimo credito disponibile, si devono aggiungere le tensioni esistenti nel sistema commerciale internazionale, che penalizzano pesantemente le produzioni agricole sarde. Il settore che maggiormente risente di questi fattori negativi è il più importante del comparto primario: la pecora, l'industria sarda con una tradizione millenaria, che produce almeno il cinquanta per cento del prodotto agricolo lordo, non è più in grado di reggere alla grande competitività che caratterizza i mercati di produzione e, specialmente, quelli di consumo.

Il latte, non parliamo di carne e lana, non paga più. "L'industria della natura" spunta prezzi che, più o meno, sono quelli di molti anni fa, quando sua maestà il dollaro faceva aggio su tutte le altre monete. In quegli anni, vendere negli Stati Uniti a quattro dollari un chilo di pecorino romano, quello tipico prodotto nell'isola, permetteva agli industriali caseari di fare molti soldi, anche perché il latte era pagato poco, in troppi casi molto poco. Vendere ora, a quattro dollari il chilo, vuol dire avere margini molto ridotti e pagare, all'allevatore, prezzi da fame, insufficienti per coprire le spese di produzione. Il tutto, con un contorno di altri oneri, di tasse, di balzelli e di costi aggiuntivi che fanno desiderare ai pastori un nuovo, diverso, lavoro, lontano dalle campagne.

Una situazione ben nota alla commissione Agricoltura del Consiglio regionale, presieduta da Alberto Sanna, che nei mesi scorsi ha effettuato un'approfondita indagine conoscitiva sullo stato di salute del settore primario ed ha anche elaborato alcune "risoluzioni", inviate alla Giunta, proponendo politiche e programmi più incisivi, necessari per tentare di superare questo difficile momento.

"La Commissione, al termine di un approfondito esame, dice Alberto Sanna, ha indicato i punti di debolezza del comparto, le probabili origini di questo stato di sofferenza ed ha anche proposto le misure da prendere, in sede politica e tecnica".

"L'accordo sul prezzo del latte, raggiunto lo scorso mese di aprile, le misure congiunturali contenute nella Finanziaria approvata dal Consiglio, aggiunge il presidente della Quinta commissione, possono servire per tenere in vita il comparto. Ma la zootecnia sarda ha bisogno di ben altro, se vuole riconquistare il suo ruolo, se vuole continuare ad essere diffusa su tutto il territorio e rappresentare una possibile occasione di sopravvivenza per molti sardi".

Storicamente, ricorda Alberto Sanna, qualche decennio fa un piccolo gregge permetteva di tirare avanti, in attesa di tempi migliori. E gli operai abbagliati dal sogno impossibile dell'industria chimica, quelli che inseguivano le sirene delle miniere, gli emigrati anziani che dovevano tornare a casa, perché allontanati dai processi produttivi, con un centinaio di pecore, con molta fatica ed enormi sacrifici, riuscivano a far vivere la famiglia.

"Ma ora, col latte a 0,51 centesimi di euro, con una moneta che in realtà vale 1000 lire e non la valutazione ufficiale (1936,28 lire) questi miracoli non sono più possibili. In questo quadro nero, possiamo solamente affrontare il contingente, ma dobbiamo guardare lontano, molto lontano, perché anche il domani, non certo migliore, è già arrivato".

Modificare profondamente la realtà del mondo dei campi è, quindi, più che una necessità, una scommessa: Ma se si vuole continuare ad operare in agricoltura si deve puntare sulla qualità, razionalizzando le produzioni, recuperando ad altre attività le aree marginali, organizzandosi in modo da far quadrare i conti.

"Le indicazioni più interessanti arrivano dai nostri diretti concorrenti, dice Alberto Sanna. In Francia, per fare un esempio, solamente il latte migliore, quello che rispetta i rigidissimi parametri previsti dai disciplinari di produzione, viene trasformato in Roquefort, il prodotto francese più conosciuto, più esportato, che spunta i prezzi più alti, che viene prodotto in quantità ben precise e definite in anticipo, secondo l'andamento della richiesta. Quel latte viene pagato a qualità (tot per la carica batterica, tot per la caseina, tot per le proteine e così via) e solamente una certa quantità, quello ottenuto con particolari tecniche di alimentazione e di allevamento degli animali, diventa un prodotto a denominazione di origine protetta (i famosi DOP). Il resto viene trasformato in altri tipi di formaggio, che hanno interessanti quote di mercato, precise caratteristiche, permettono buoni margini di guadagno. E agli allevatori il latte viene pagato a prezzi equi, remunerativi".

In Sardegna, i formaggi che hanno ottenuto l'ambito riconoscimento della Denominazione di origine protetta sono solamente tre: il pecorino romano, il fiore sardo, il pecorino sardo. Ma i disciplinari, forse, non sono sufficientemente rigidi, non garantiscono caratteristiche qualitative di elevato livello. Anche le quantità sono "variabili", decise dai singoli operatori della trasformazione, senza un preciso coordinamento, senza una attenta politica commerciale. Si arriva al paradosso che molte cooperative, che dovrebbero saldare il momento produttivo con quello della commercializzazione, vendono i loro prodotti ad altri "industriali privati del settore", allungando, di fatto, la catena produttiva e riducendo i margini di guadagno dell'anello più debole, quel pastore che deve produrre a costi stabiliti da altri, perché altrimenti non sa cosa fare del suo latte. Una situazione terribilmente penalizzante per i produttori, che potrebbe migliorare sensibilmente "se le cooperative diventassero soggetti forti, nel sistema produttivo isolano".

Molte cooperative, in Italia ed all'estero, hanno raggiunto dimensioni notevolissime, sono diventate vere potenze economiche e finanziarie. In Sardegna, con un'unica grande eccezione, le organizzazioni dei produttori che chiudono i conti in maniera decorosa non sono proprio numerose. "La svolta, probabilmente, potrebbe aversi con la nascita di una grande Organizzazione di Produttori, un organismo guidato ed amministrato con grande efficienza, da manager di notevole capacità, in grado di mettere assieme le cooperative lattiero casearie del comparto ovi-caprino, per riqualificare le produzioni, valorizzare quelle a Denominazione di origine protetta (DOP), razionalizzare l'offerta e la commercializzazione,  per affrontare i mercati da posizioni di forza, per raggiungere intese ed accordi anche con gli operatori privati".

"Una moderna OP, Organizzazione di Produttori, secondo quanto prevedono le nuove norme comunitarie, sarebbe in grado di modificare la realtà con la quale ci scontriamo quotidianamente, aggiunge Alberto Sanna. Le aziende sono piccole, i terreni frazionati, serve una incisiva azione di ricomposizione fondiaria; le infrastrutture inesistenti o poco efficienti, le reti viaria, elettrica, idrica non certo razionali e capillarmente diffuse impediscono alle imprese di guadagnare e crescere. C'è ancora l'esigenza di arrangiarsi, ma in questo condizioni difficili, estreme in alcuni casi, non si regge la concorrenza mondiale. A questi fattori di grande diseconomia, inoltre, si deve aggiungere l'eccessivo costo del denaro, le difficoltà di accedere al credito ed il quadro è completo".

Una realtà difficile, in sostanza, da modificare rapidamente, puntando sul numero complessivo dei capi allevati nell'Isola , "perché non si può continuare a produrre tanto, troppo, latte che non si riesce a vendere a prezzi remunerativi"; sulla trasformazione degli allevamenti, che devono diventare moderni, perché "senza molta igiene, una selezione genetica accurata, un'alimentazione adatta ai risultati che si vogliono raggiungere (il miglior parmigiano è ottenuto dal latte di mucche che mangiano solamente determinati alimenti), non si può parlare di qualità"; sulle caratteristiche e quantità dei prodotti disponibili, "il pecorino romano (che non deve essere solamente un formaggio da taglio, che dia sapore ad altri prodotti meno sapidi), il fiore sardo ed il pecorino sardo devono arrivare (nella giusta quantità, per evitare crisi ricorrenti di sovrapproduzione) sulle tavole dei consumatori a prezzi remunerativi"; sulle diversificazioni produttive, valorizzando i prodotti di "pronto consumo", i toscanelli, i semicotti, le caciotte, le provolette, gli erborinati, i tanti "formaggi di nicchia", tutti protetti e qualificati dal nome "Sardegna", che ha ancora un grande fascino e "tira molto" nelle società più ricche del mondo industrializzato.

"Sono temi difficili, sui quali sarà necessario confrontarsi, conclude Alberto Sanna. Ma non ci sono alternative: l'agricoltura moderna è una grande sfida, che si può vincere, se si guarda lontano. Ma è una sfida che, persa, può portare alla scomparsa del settore primario isolano. Io credo ci siano le condizioni per raggiungere nuovi traguardi, puntando sulla ricerca, sull'innovazione, sulla predisposizione di nuovi programmi e di nuovi strumenti economici e finanziari. Sono, però, convinto che non si può perdere altro tempo. Messi da parte gli steccati ideologici, l'unica strada da imboccare è quella del confronto costruttivo, della collaborazione, del lavoro, del continuo, faticoso, lavoro".   (mc)


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