CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislaturaPolitiche comunitarie, cooperazione internazionale, situazione carceraria, il presidente Soru ha illustrato, alla Seconda commissione, le "linee" della Giunta su questi tre "delicati" argomenti
Cagliari, 19 maggio 2005 - La Sardegna uscirà, per un'inezia, dall'Obiettivo 1 e "perderà", nel periodo 2007-2013, quasi un miliardo e mezzo di euro di finanziamenti comunitari, rispetto a quanto ricevuto nel 2000-2006. Una perdita notevole, che potrebbe essere, ma solamente molto parzialmente, compensata dai maggiori trasferimenti "promessi" dal Governo centrale.
"Una situazione difficile, subita dalla Sardegna, nella quale il Consiglio vorrebbe poter dire la sua", come ha ricordato il presidente della commissione Politiche comunitarie, Paolo Pisu, nella lunga audizione di questa mattina, nel corso della quale il presidente della Giunta, Renato Soru, ha illustrato lo "stato dell'arte" per quanto concerne le politiche comunitarie, le iniziative di cooperazione internazionale avviate dalla Regione, i contatti con il ministero di Grazia e Giustizia per "ottenere una profonda modifica" dell'attuale, difficile, situazione del sistema carcerario isolano.
Le scelte che riguardano i fondi comunitari, la corretta attuazione delle direttive europee, infatti, secondo quanto prevede una legge regionale su questo delicato argomento, la 20 del 1998, "richiedono la costante partecipazione del Consiglio regionale, delle sue Commissioni alle decisioni relative alle politiche comunitarie".
Questa legge, hanno concordato i presidenti della Seconda commissione e della Giunta, è stata approvata quanto il governo regionale era "di tipo parlamentare", ma ora che "siamo in un sistema presidenziale" e che è anche cambiato il "quadro di riferimento nazionale", dopo la modifica costituzionale del Titolo V e la legge "Buttiglione", la 11 del 2005, è necessario procedere ad una sua "urgente revisione".
Un "problema istituzionale" che deve essere affrontato e risolto in tempi brevi, "perché il Consiglio non può accettare di essere escluso dal processo decisionale", specialmente in materie tanto delicate, anche per l'importanza che queste scelte hanno sul "futuro della nostra isola". Un problema di rapporti istituzionali che sarà affondato, con la massima attenzione, con un'iniziative della Giunta, che potrebbe presentare un proprio disegno di legge, o con la presentazione di proposte di legge da parte dei consiglieri.
Un problema che sarà risolto nelle sedi e nei modi opportuni. In Commissione, intanto, il confronto tra il presidente della Giunta ed i consiglieri della Seconda si è sviluppato spedito, su temi pratici, concreti, di grande attualità.
Nel prossimo mese di giugno, ha ricordato Renato Soru, i capi di Stato e di Governo decideranno quale percentuale del Prodotto interno lordo, dei 25 paesi che formano l'Unione europea, sarà destinato alle politiche comunitarie, quindi anche a quelle "di coesione", decise per favorire lo sviluppo, il raggiungimento di livelli accettabili di vita, per ridurre le eccessive differenze esistenti tra le regioni comunitarie.
La Commissione europea ha proposto che gli stanziamenti ammontino, in media, all'1,24 per cento del reddito nazionale lordo, per il periodo 2007-2013 circa 1.025 miliardi di euro. In questo caso alle politiche di coesione andrebbero circa 336,1 miliardi di euro, lo 0,41 per cento del reddito nazionale lordo.
Non tutti i Paesi europei, però, sono di questo avviso. Gli Stati ricchi, quelli che pagano proporzionalmente di più (Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Svezia ed Austria) di quanto ricevono, chiedono una riduzione delle spese di bilancio entro il limite dell'1 per cento, inclusa la spesa agricola; una ipotesi che farebbe diminuire pesantemente le somme utilizzabili per la politica di coesione, che sarebbe concentrata sui paesi meno prosperi.
In questo caso, i fondi che arriverebbero alla Sardegna sarebbero, praticamente, ridotti a zero.
Una situazione di forte contrasto politico, a livello europeo, che ha sollevato polemiche e tensioni. Ora i governi trattano e potrebbero trovare l'accordo su una ipotesi di compromesso, attorno all'1,07-1,12 per cento. In questo caso, alla Sardegna andrebbero "risorse ridotte", molto meno dei 900 milioni di euro previsti dalla ripartizione attuale, sulla quale si discute con forza.
Il programma di "riequilibrio" degli interventi comunitari, secondo la proposta della Commissione, vedrebbe la nostra regione passare dall'obiettivo "convergenza, l'ex obiettivo 1, al quale verrebbe destinato il 78,5 per cento delle risorse disponibili per le politiche di coesione (199,90 miliardi di euro, per una popolazione di 141 milioni di abitanti), all'obiettivo "competitività ed occupazione", l'ex obiettivo 2, al quale sarebbe riservato il 17,2 per cento delle somme disponibili ( 57,90 miliardi di euro, per una popolazione di 313,2 milioni di abitanti). In questo caso, tuttavia, alla Sardegna ed ad altre 11 regioni escluse dall'obiettivo 1 per varie ragioni, verrebbe garantita un'uscita "morbida".
Se gli Stati approvassero le proposte della Commissione, che sono sostenute con forza anche dal Parlamento europeo, nel 2007-2013 le regioni europee otterrebbero trasferimenti pro-capite notevolmente differenziati: alle regioni dell'obiettivo "convergenza", con prodotto interno lordo inferiore al 75 per cento della media comunitaria a 25 (Grande Unione), andrebbero 1.445 euro per abitante, a quelle con un Pil inferiore al 75 per cento della media comunitaria a 15 (Vecchia Unione) andrebbero 1.228 euro per abitante; alle regioni dell'obiettivo "competitività ed occupazione" andrebbero 163 euro per abitante, con l'eccezione della Sardegna e delle altre 11 regioni del phasing in, "l'uscita morbida", alle quali andrebbero 560 euro per abitante (un po' più della metà di quanto destinato alle regioni della "convergenza", dalle quali la Sardegna dista lo 0,2 di punto percentuale, il 75,02 contro il 75 per cento previsto dalle norme comunitarie).
In ogni caso, ha anche aggiunto Soru, alla Sardegna dovrebbero arrivare "fondi aggiuntivi, da parte dello Stato" che non è riuscito o non ha voluto difendere, con maggior vigore, il concetto di "insularità, come fattore oggettivo penalizzante, che avrebbe dovuto garantire alla "nostra isola, la permanenza tra le regioni dell'ex obiettivo 1".
Ma la nuova situazione, non ancora decisa e sulla quale i contrasti tra i governi sono ancora particolarmente accesi, presenta anche "grandi opportunità, per le regioni che avranno voglia e capacità di inserirsi nel grande progetto di sviluppo europeo sul quale ha deciso di puntare l'Unione europea", quello che si basa su una nuova, più incisiva cooperazione internazionale.
Le politiche di vicinato dell'Unione europea, quindi collaborazioni con le altre regioni dell'UE, ma anche con regioni di Stati extra europei, il futuro obiettivo 3 (cooperazione territoriale europea) favoriranno programmi integrati di sviluppo, la realizzazione di progetti di cooperazione interregionale ed internazionale.
La Sardegna, tutto il "sistema Sardegna", quello delle università, degli istituti di ricerca, delle imprese, dovrà studiare, elaborare, predisporre grandi progetti di sviluppo, nei diversi comparti, da realizzare con altre regioni europee, ma anche extra europee.
Saranno disponibili ingenti finanziamenti comunitari, cospicui fondi statali, per favorire queste nuove forme di collaborazione. Ricerca, cultura, grandi e nuove professionalità saranno "le carte vincenti" e qualche buona occasione è stata già colta. Ad esempio, la Sardegna e la Basilicata "hanno assunto la titolarità dei programmi ambiente e sviluppo sostenibile" finanziati dal governo italiano, nell'ambito delle iniziative italiane Ministero Affari Esteri-Regioni per intensificare e migliorare le relazioni con i paesi del Mediterraneo, in pratica la prima, concreta, sperimentazione di un modello italiano di approccio "alle politiche di prossimità", la reale novità dei futuri programmi di sviluppo della Unione europea.
Operiamo, quindi, in una situazione, per certi versi preoccupante, ma che presenta anche grandi possibilità per la Sardegna, ha concluso Soru. Programmi sui quali la Commissione si è soffermata, che saranno ulteriormente approfonditi, perché lo sviluppo della nostra isola non passa solamente attraverso i finanziamenti comunitari, quelli statali. Serve una vera "rivoluzione culturale, hanno detto molti consiglieri. Bisogna cambiare mentalità, approccio al problema dello sviluppo, anche per non ripetere gli errori fatti nel passato".
"Non si capisce, ha sottolineato Soru, come la Sardegna, nonostante i notevoli finanziamenti ricevuti in questi decenni, ha visto crescere il suo prodotto interno lordo solamente di qualche decimale di punto. Con tutti i soldi che sono arrivati, la situazione generale della Sardegna sarebbe dovuta essere ben differente da quella attuale. Ora non è più possibile sbagliare". In ogni caso "questa è una grande sfida, una rivoluzione copernicana alla quale tutte le istituzioni (Giunta e Consiglio in testa), tutti i sardi devono attivamente partecipare, perché da queste scelte, da queste decisioni, dipende il destino della nostra terra".
Concludendo la sua lunga audizione, il presidente della Giunta ha illustrato le richieste avanzate, nei colloqui con il ministero di Grazia e Giustizia, per risolvere la gravissima situazione del sistema carcerario isolano. Entro i prossimi mesi, secondo quanto assicurato dallo stesso ministro Guardasigilli, saranno avviate le procedure per la costruzione di nuovi istituti di pena (tra gli altri quelli Cagliari, Sassari, Oristano e Tempio) e per realizzare interventi massicci sugli altri esistenti nell'Isola. Nei prossimi mesi, quindi, saranno finalmente stipulati i necessari accordi per modificare una situazione che la Commissione ha definito "indecorosa, incivile, spesso illegale". (mc)
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