CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

Rischiano di non essere riconosciute a livello europeo le lauree conseguite a Veterinaria nell'ateneo di Sassari; una lunga serie di omissioni e di mancati investimenti ha ridotto la qualità della ricerca e dell'insegnamento al di sotto degli standard necessari per l'accreditamento. Il preside e il vicepreside della Facoltà sentiti in audizione dalla Commissione Sanità.


Cagliari, 15 febbraio 2004 - Fra cinque anni, se non saranno adeguate le strutture didattiche, le lauree della facoltà di medicina veterinaria potrebbero non essere riconosciute a livello europeo. Troppe le carenze, in un declino che, a partire dagli anni 80, è stato progressivo. Quella che era un fiore all'occhiello dell'ateneo sassarese si è appassita, strada facendo. Non si è adeguata, la facoltà di piazza Conte di Moriana, al passo dei tempi; no ha saputo (o potuto) cogliere i mutamenti del mercato, didattica e ricerca sono rimaste indietro. Oggi esiste un sistema di accreditamento concepito su criteri di severità, a dimostrazione di una "concorrenza spietata". La facoltà è rimasta fuori. Lo ha riferito, in audizione, alla Settima commissione, il preside, professor Sergio Coda (era accompagnato dal suo vice, il professor Salvatore Naitana), che ha illustrato le molte carenze, a cominciare dal corpo docente (46 su un organico ottimale di 80) e del personale tecnico (25 su un organico di oltre 100).

Le strutture sono quelle di trent'anni fa, lontane dagli standard che didattica e ricerca pretendono. Ciò non ostante, Veterinaria gode ancora di "enorme considerazione, anche a livello internazionale"; ma è una considerazione che nasce dal sacrificio e che quasi mai viene ripagata.

Basti pensare alle strutture: non c'è un ospedale universitario (un progetto vecchio di 10 anni non è stato agevolato dalla burocrazia. C'è un finanziamento dello Stato per 2,25 milioni di euro, del tutto insufficienti. Un progetto, recentemente approvato dalla commissione edilizia del Comune di Sassari fa muovere le cose, dopo una lunga inerzia), essenziale per l'attività pratica degli allievi; non c'è neppure l'azienda zootecnica veterinaria (l'anno scorso, grazie a un Pia del Comune di Ozieri la facoltà ha acquisito lo "spazio", 50 ettari; ma ora bisogna riempire quello spazio con l'acquisto di animali e attrezzature); non c'è neppure il mattatoio "sperimentale" interno, fondamentale per la didattica (si va avanti con la convenzione col frigomacello di Chilivani, soluzione raffazzonata sul piano dell'insegnamento). Il superamento di altre carenze (come il mangimificio interno) non sono ritenute "vitali", ma certo non favoriscono l'attività di insegnamento.

Per tutti questi motivi - ha detto il preside Coda ai commissari - la facoltà ha fatto una scelta drastica "e dolorosa": ridurre gli accessi in facoltà (la più costosa: 80 mila euro a studenti per il corso di studi), da 80 a 50 (la media delle domande annualmente presentate è di 300). Vero è che non si tratta solo di un problema didattico, ma dall'incertezza della politica del settore; circa il 25 per cento dei laureati è attualmente senza lavoro e ciò può apparire strano per una regione che punta sull'economia zootecnica e agropastorale.

Tuttavia il problema maggiore da risolvere con rapidità è quello dell'accreditamento, senza il quale si rischia davvero di dover chiudere o limitarsi a lauree di serie B, non riconosciute. Sarebbe un pesante insuccesso, anche per il "peso" che storicamente la facoltà ha avuto nella cultura sarda. Nel secondo dopoguerra era un riferimento eccellente per l'Europa (negli anni 60 era diventata la facoltà degli studenti Greci e numerosi erano i giovani americani che sceglievano Sassari nel loro percorso formativo). Ora quell'Europa, che ieri guardava l'università di Sassari con grande interesse, ha posto i paletti della qualità, al di fuori dei quali non è più possibile alcun discorso.

Nel frattempo - ha spiegato il professor Naitana - l'offerta formativa è stata allargata e si è cercato di dare risposte coerenti con il territorio: si sono attivati corsi di protezione e gestione della fauna selvatica ("un patrimonio - ha sottolineato - suscettibile di un forte sviluppo e capace di creare molti posti di lavoro"), di allevamento biologico ed ora di allevamento degli equini (in collaborazione con l'istituto di incremento ippico di Ozieri); sono attive anche le scuole di specializzazione e i dottorati di ricerca; ma le carenze didattiche e strutturali non consentono risultati apprezzabili, ad esempio, nella durata del corso dei studi, che se non registra defezioni ed abbandoni (percentuale minima) si allunga oltre gli otto anni (8,1 la media) proprio a causa della mancanza di strumenti pratici (la teoria deve avere, soprattutto in questo campo, stretta attinenza con la pratica).

Tutto questo è avvenuto soltanto oggi. Forse è tardi rispetto ai tempi della finanziaria regionale, al cui interno è possibile trovare spazio. Ma il preside ha replicato al velato rimprovero di mancata tempestività: da oltre tre mesi, ha detto, attende di essere ricevuto dal presidente della Regione. Inutilmente.

L'argomento è stato seguito con attenzione particolare e tutti i commissari hanno posto domande e richiesto chiarimenti. L'on. Pasquale Onida (Fortza Paris)  ha riconosciuto "la funzione economica importante" della facoltà, sollecitando, insieme, "il riordino del settore".  E' vero, ci sono 200 disoccupati, ma tenendo conto della patologie ricorrenti della sanità animale (dalle blue tongue alla peste suina), prevedere un allargamento degli organici appare sensato. L'on. Onorio Petrini (Forza Italia) ha ritenuto opportuno sensibilizzare il mondo universitario (il 24 l'ateneo di Cagliari incontrerà il ministro), perché la facoltà di Veterinaria, unica in Sardegna, "è un patrimonio che appartiene a tutta l'isola".

L'on. Gavino Manca (Margherita) ha sostenuto che bisogna riparare a un passato ricco soprattutto di omissioni. Per completare l'ospedale veterinario occorrono - ha precisato il professor Coda - 6 milioni di euro (inutile la struttura, se non ci saranno attrezzature d'avanguardia). Quanto alle scuole di specializzazione - ha aggiunto Manca - è indispensabile che vengano annualizzate, come per la medicina, e raddoppiate come numero. Del resto qui il case si morde la coda: senza specializzazione non si accede ai concorsi e, in queste condizioni, specializzarsi diventa un problema insuperabile. I fondi per l'ospedale; forse sarà possibile reperirli più facilmente se la Regione ci metterà di suo.

L'on. Nazareno Pacifico (Ds) ha sostenuto che l'unica strada possibile è quella del cofinanziamento e che "il ragionamento va fatto a tre", coinvolgendo il ministero e l'Unione europea; mentre l'on. Alessandro Frau (Progetto Sardegna) ha sostenuto che, con le borse di studio, i giovani possono essere "instradati" tenendo conto delle richieste e delle tendenze del mercato. Precisazioni sullo "stato dell'arte" della facoltà sono state richieste anche dall'on. Mariuccia Cocco (Margherita)

Liori ha lamentato che la commissione ha già espresso il parere sulla Finanziaria: ciò conferma "la disattenzione totale" su una facoltà importante "per la nostra economia".

L'on. Tore Amadu (Udc) ha sollecitato un documento unitario della commissione, documento - ha risposto l'on. Pierangelo Masia - che ci sarà, ma dopo aver sentito sia il rettore dell'Università di Sassari (l'ateneo ha il pallino del gioco) e l'assessore. "Dall'Università vogliamo sapere perché nascono nuove facoltà, non tutte di stretta utilità, e si trascurano invece quelle tradizionali e collaudate".

Una domanda alla quale la commissione Sanità cercherà risposta nelle prossime audizioni, forse agli inizi della prossima settimana. (adel).


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