CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII legislatura

Decreto salvacoste: il presidente Soru illustra alla Quarta Commissione i criteri ispiratori. Il turismo è servizi, non "svendita" del territorio.


 Cagliari, 15 settembre 2004 - Audizione del presidente Soru in Quarta Commissione (presidente l'on. Giuseppe Pirisi) sul decreto salvacoste, argomento che fa discutere. Una lunga relazione per spiegare l'urgenza del provvedimento, adottato in agosto, e per definire "una linea di demarcazione" fra turismo, che in Sardegna è, ancora, soprattutto mare, e vendita (più spesso: svendita) del territorio, risorsa irripetibile che rischia di impoverire, in modo irreversibile, il solo fattore competitivo di mercato: l'ambiente.

C'è chi storce il naso e legge, in quel provvedimento, la negazione di un'economia trainante, quasi che - dice Soru - dalla mancata apertura di qualche cantiere possa dipendere il bilancio di una stagione turistica che, peraltro, segna il passo e suscita altri interrogativi sul futuro di un settore sempre più a prova di concorrenza. C'è, invece, chi riconosce che il decreto della giunta (che un disegno di legge dovrà perfezionare) era un atto dovuto per evitare speculazioni immobiliari e, soprattutto, disparità di trattamento fra i sardi per l'assenza di regole comuni nell'isola. Se la bocciatura di 13 (su 14) piani territoriali paesistici (il solo in piedi, ma con una spada di Damocle sul capo, ha spiegato l'on. Pirisi, è quello del Sinis) ha richiesto un intervento di tutela per evitare l'assalto alla diligenza, la mancanza di una circolare esplicativa (chiesta dall'on. Gavino Manca della Margherita) sulle cose che si possono e non si possono fare ha alimentato un'altra speculazione, questa volta politica.

Ma Soru è fermo e chiaro sulla posizione assunta: non vogliamo - dice - che in Sardegna si perpetui uno sfruttamento iniziato con le miniere, continuato col pecorino romano e ora in atto col turismo; perché sempre di "estrazione" si tratta; allora (ricorda proprio Buggerru, il cui eccidio di minatori un secolo è stato commemorato nei giorni scorsi), con le miniere, imprese, direzioni lavori, capitale e knowhow erano stranieri; la Sardegna dava braccia di fatica, salari bassi; oggi il turismo è in mano a operatori non sardi che allestiscono villaggi turistici estranei al territorio; aperti solo per brevi periodi, nell'alta stagione, mentre la speculazione immobiliare costruisce seconde case. Il territorio - argomenta il presidente della Regione - viene venduto, all'ingrosso o al dettaglio; in ogni caso passa di mano. Cediamo il patrimonio di famiglia per una prospettiva di miseria.

Il turismo è una ricchezza della nostra economia; ma questo - aggiunge - non è turismo; perché - spiega - il turismo è servizi, non case, non utilizzo per zone di pregio del territorio.

Del resto che turismo vogliamo? Abbiamo un modello collaudato o un progetto di sviluppo convincente? Conosciamo le nostre risorse? La qualità e la quantità dell'offerta? L'evoluzione della domanda? "Noi - confessa Soru - non lo sappiamo. Perciò dobbiamo analizzare le risorse e valutare il turismo che abbiamo in mente, puntando su un modello che difenda il territorio e possa creare occupazione duratura.

Inevitabile partire dalle coste, che le turismo sono una parte appetibile e pregiata. Annullati i Ptp c'era il pericolo che qualche Comune, nel miraggio di aprire cantieri e allentare la disoccupazione, utilizzasse strumenti urbanistici vecchi di decenni, raddoppiando le cubature. Il vuoto normativo è un pericolo costante. Di qui la decisione del decreto salvacoste, coerente "agli impegni presi durante la campagna elettorale".

Il proposito è quello di rendicontare, "a bocce ferme", una situazione che non può prescindere dalla tutela dei "beni di famiglia", quel territorio che da decenni finisce prevalentemente nelle mani di qualche imprenditore venuto da fuori e costituisce un vero e proprio trasferimento di ricchezza.

Un anno di tempo, chiede Soru, "tempo breve, che impone alla giunta di correre velocemente; ma se ci sarà la collaborazione di tutti, Comuni compresi, ce la dovremmo fare". Del resto "avvertiamo la responsabilità di non tardare".

Sono emersi problemi legati alla "severità" del decreto, apparso, forse, "più duro di quello che è". Sovrintendenze e Comuni hanno frenato la corsa di alcune pratiche, quand'erano sul filo di lana. L'on. Sanciu (Forza Italia) chiede che sia salvaguardata la programmazione negoziata (decine di piccoli imprenditori sardi sarebbero costretti a rinunciare a sovvenzioni di legge) e Soru risponde: purché si tratti di residenze alberghiere e non di seconde case mascherate; l'on. Capelli (Udc) polemizza sul fatto che si penalizza la libera iniziativa e la capacità imprenditoriale, la voglia di crescere di molti sardi; l'on. Uras (PRC) chiede che si combatta l'abusivismo e Soru replica: la legge del condono non ci aiuta un gran che; l'on. La Spisa (Forza Italia) chiede i nomi "delle attività speculative che preoccupano il presidente", l'on. Porcu (Progetto Sardegna) ritiene che un anno non basti a definire la norma; l'on. Murgioni (Forza Paris) riferisce dell'esperienza di Castiadas che ha scelto di integrare il turismo nelle attività agrarie indicando indici di cubatura modesti; l'on. Pisanu (Riformatori) ritiene che il decreto salvacoste sia stato ispirato "dall'ossessione atavica della proprietà"; l'on. Oppi (Udc) ha condiviso lo sviluppo omogeneo ma ritiene che non si debbano penalizzare i Comuni che hanno adottato corretti strumenti urbanistici; l'on. Pinna (progetto Sardegna) non demonizza le regole, non sono "strumento ostativo" ma "vanno condivise e conosciute"; l'on. Mattana (Ds) chiede chiarezza delle note transitorie, nelle cui maglie, spesso, "si annidano i rischi".

Alla fine, il presidente Soru replica. Punto cruciale è realizzare un turismo fatto di servizi, non di speculazioni immobiliari e cemento sulle coste. La Sardegna ha prezzi alti, trasporti difficili, una cultura dell'accoglienza non altissima: ci salva l'ambiente, unico vantaggio competitivo. Perché sciuparlo? (adel)


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