Seduta n. 274 - 16 marzo 1998
Commemorazione on. Aldo Moro

 


Questo il testo del discorso del Presidente Selis:

1. Ricordare Moro

Il 16 marzo 1978 veniva rapito Aldo Moro e massacrata la sua scorta. Abbiamo negli anni ricordato questi uomini con dolore, con rimpianto, con rabbia... Ricordare Moro è per tutti noi l'occasione, di qualunque tendenza e ispirazione politica, di ricordare i propri maestri, coloro che hanno dedicato la vita a testimoniare la propria fede e le proprie idee politiche, ad animare i propri partiti e costruire con coerenza ed impegno questo Paese e le sue istituzioni democratiche.
A tutti costoro, e soprattutto a quanti non sono più tra noi, va il nostro pensiero riconoscente e commosso.
Ma ricordare Moro significa soprattutto tornare al suo insegnamento, al suo pensiero, alla sua testimonianza per trarne significati utili a fronteggiare il travaglio del presente e le incertezze del futuro.

2. Il problema della democrazia
Il problema della democrazia in una società dinamica e complessa, l'evoluzione del sistema politico e istituzionale, cioè dei rapporti fra le forze politiche e fra queste e le istituzioni, e la società, hanno impegnato Moro, nel pensiero e nell'azione, per tutta la vita.
La scelta della democrazia come sistema politico ottimale non può trovare fondamento solo in ragioni storiche o nella riflessione teorica.
La tenuta della democrazia e il suo progresso dipendono dalla sua capacità di governare il mutamento e la complessità, di interpretare e garantire i bisogni fondamentali dei cittadini (soprattutto dei più deboli), di comporre il sistema multiforme degli interessi e l'azione dei soggetti sociali.
Il problema è come coniugare il bisogno di maggiore autorevolezza ad efficienza dello Stato e delle sue istituzioni, con il massimo di legittimazione e di rappresentatività; come dimostrare capacità decidente senza mortificare la partecipazione e la legittimità;

La democrazia infatti non può sussistere (senza logorarsi) se non é in grado di decidere e governare. Non può del pari sussistere se non si fonda su un'ampia base di consenso, di organi realmente rappresentativi della complessità sociale; sulla capacità della politica: di trovare sedi idonee per realizzare forme di dialogo, confronto, incontro ed anche scontro; di esprimere la società, ma anche di pervenire a forme di convergenza; di realizzare alleanze e/o accordi su programmi o su singoli temi, in modo da offrire al governo la base e il fondamento democratico della sua esistenza, legittimità e azione.

Per far crescere la democrazia abbiamo bisogno certamente di più Governo, ma abbiamo altrettanto bisogno di più Parlamento.

3. Crisi del sistema parlamentare

Il dibattito di questi anni sul problema del governo si è sviluppato ed ha prodotto riforme significative:

· l'elezione diretta dei Sindaci e dei presidenti delle Provincie;

· le proposte per l'elezione diretta anche dei presidenti delle regioni, ora indicati alla consultazione elettorale e "stabilizzati" per mezza legislatura (così almeno per le regioni ordinarie);

· le ipotesi di riforme costituzionali in chiave di rafforzamento presidenziale...

Molto embrionale ed incerto è stato invece il dibattito sul Parlamento e le assemblee legislative e rappresentative, quasi che il loro ruolo non fosse compatibile con il rafforzamento della funzione di governo, e anzi che questo passasse necessariamente attraverso una riduzione della loro autorevolezza.
A questa popolarità del Governo e impopolarità del Parlamento, non è estranea l'impopolarità del sistema dei partiti di cui il Parlamento - più del Governo - viene considerato l'espressione.
Mentre il Governo tende a trovare sempre più una propria legittimazione popolare già oggi con l'indicazione preliminare del Presidente (e domani forse con l'elezione diretta) e con ministri tecnici di alto prestigio sociale, il Parlamento necessariamente è sede del confronto fra partiti e come tale soffre la loro crisi e talvolta la loro impopolarità e il loro travaglio.
Partiti di cui si tende a dimenticare o sottovalutare la funzione democratica, di formazioni sociali con le quali il popolo può entrare nello Stato, lo legittima, lo vede non come soggetto egemone, altro da sè, ma espressione di sè.
Alla crisi dei partiti - dovuta in gran parte alla loro degenerazione da formazioni per la partecipazione popolare in burocrazie egemoniche e arroganti - non è a sua volta estraneo l'attacco proveniente da nuovi soggetti economici e sociali che li vedono come un ostacolo al loro potere ed alla loro influenza sul Governo e sul sistema politico.
Ma alla crisi del Parlamento ha anche contribuito la lentezza, l'inefficienza e persino l'ingovernabilità delle assemblee parlamentari, talvolta disorientate e confuse, quasi perse tra riti e procedure, logorate da tempi incompatibili con la dinamica delle società moderne.
Tempi, riti, procedure che, soprattutto se confrontati con quelle dei governi rafforzati, pongono in evidenza lentezza, farraginosità, ambiguità e compromessi che indeboliscono l'immagine già logora delle stesse assemblee.

Vi è dunque una sorta di avversione verso il Parlamento, che si manifesta nella società e talora negli stessi organi di governo e negli apparati amministrativi; c'è insofferenza verso la complessità ed articolazione delle assemblee parlamentari, fastidio quando la loro azione si spinge a sindacare e discutere (come è proprio degli organi di indirizzo e di controllo), atti e comportamenti.
La crisi del Parlamento è allora crisi della rappresentanza nella sua accezione più alta, incapacità del sistema di interpretare e portare a sintesi la situazione sociale, distacco fra società ed istituzioni, assenza di dialogo fra le forze politiche e delle forze politiche con la società, lentezza e inefficienza decisionale.
Ma nonostante questa crisi bisogna ricordare con forza che non c'è democrazia senza parlamento, e non c'è parlamento senza partecipazione e senza un sistema elettorale che lo renda rappresentativo ed efficiente: un'assise realmente capace di interpretare e riflettere la società complessa e di generare e garantire una vera democrazia dell'alternanza.

Un Governo forte con un Parlamento debole rischia di degenerare in Regime.
Ma nessuno può rafforzare il Parlamento se non lo stesso Parlamento.
Il Parlamento può rafforzare se stesso ed il governo e rafforzare la Democrazia oppure suicidarsi e liquidare la Democrazia.
Perciò è oggi più che mai attuale la riflessione di Moro sul sistema parlamentare (la migliore forma possibile di sistema democratico): non una conquista ottenuta una volta per tutte, ma un processo dinamico che bisogna difendere, rafforzare, esaltandone la rappresentatività e l'efficienza decisionale.

4. Il Parlamento deve autoriformarsi

Il Parlamento è quindi la forza della democrazia, ma può esserne la debolezza.
L'esigenza di superare la crisi della rappresentanza per rafforzare la democrazia pone alle assemblee legislative una triplice sfida: a) definire il loro rapporto col Governo e l'Amministrazione Pubblica; b)adottare regole e procedure idonee ad esaltare la propria funzione ed assicurarne l'efficacia; c) rafforzare il rapporto con la società, assicurando forme sempre più piene e diffuse di rappresentanza.

a) Rapporto Parlamento-Governo
Le assemblee devono prima di tutto ripensare la propria funzione: limitare le interferenze procedurali con l'azione di governo, rimettere all'esecutivo tutte le funzioni amministrative ed anche ove possibile quelle normative di grado inferiore.
Ma nel contempo devono rafforzare il proprio ruolo quali organi di indirizzo e di controllo dell'azione di governo, dei programmi ed atti, di verifica politica dei risultati, dare voce alle aspettative che provengono dalla società.
Nessuno pensi che una più chiara definizione dei compiti, un più ampio potere di decisione del governo possa significare negare l'accesso degli organi assembleari alla conoscenza di tutti gli atti, oscuramento delle scelte, discrezionalità indenne da verifiche.

Al contrario: se l'obiettivo è quello di far crescere la democrazia, al maggior potere di decisione deve corrispondere maggior rigore, maggiore equità, maggiore trasparenza per consentire una costante verifica sociale dell'attività di governo - per il tramite delle assemblee elettive in costanza di mandato e mediante il corpo elettorale alla scadenza della legislatura (i due controlli stanno insieme e l'uno garantisce l'altro).
Se così non è si mortifica la democrazia, si depotenzia la rappresentanza, si consuma la rottura fra società ed istituzioni.

b) le regole del Parlamento

Ma le assemblee elettive devono anche trovare la capacità di darsi regole di funzionamento e di rispettarle.
E' necessario individuare strumenti regolamentari idonei: che assicurino la tempestività dei procedimenti legislativi e la qualità delle leggi per dare risposte alle aspettative della società; ma che garantiscano nel contempo il ruolo di controllo delle opposizioni di fronte alla maggioranza e poteri efficaci per l'esercizio di tutte le prerogative del mandato elettorale.
Di qui l'esigenza che si pone a tutti i livelli, ma anche per noi pressante, di una riforma dei regolamenti assembleari.
Nessuno può imporre queste regole, solo l'assemblea se le può dare, ma bisogna anche essere consapevoli che queste norme (il Regolamento interno) son frutto di un patto reciproco fra le forze politiche col quale esse stesse si impegnano insieme, direi quasi sul loro onore e sulla loro credibilità, a rispettarle.

Vi è una stretta correlazione fra regole di funzionamento e capacità di rappresentanza; e questo deve scoraggiare da un uso strumentale delle regole procedurali, da una contaminazione fra dibattito politico e interpretazione del Regolamento.

Da queste regole dipende la possibilità:

· di dar vita al confronto democratico, anche il più acceso, senza deteriorare il clima, il metodo di lavoro, il rispetto reciproco fra partiti e singoli;

· di attivare anche la più dura pratica conflittuale e persino un legittimo ostruzionismo senza però perdere di vista l'obiettivo finale: la funzionalità dell'assemblea, l'interpretazione degli interessi e dei bisogni sociali, l'indirizzo, l'orientamento e il controllo del governo.

c) Riformare il Parlamento per rafforzare la democrazia
Si apre qui il terzo fronte, la sfida sostanziale che si pone alle assemblee elettive.
Quello del rapporto istituzioni - cittadini, che nel Parlamento ha la sua sede centrale di espressione.
Il Parlamento, le assemblee elettive, devono diventare, di più e meglio, garanti dei diritti costituzionali, individuali e collettivi, dei diritti di cittadinanza (lavoro, cultura, sicurezza, informazione e politica);
a questi devono orientare e vincolare la propria attività, perché al centro delle istituzioni e della politica rimanga sempre il fondamentale valore della persona umana.

Il Parlamento perciò non si fa condizionare dalla pressione dei gruppi socialmente forti, non diventa la camera delle corporazioni, la sede di compensazione e scambio delle lobbies, il riflesso degli interessi forti del Paese.
Guarda al Paese e alle sue forze vive, interpreta e non demonizza gli interessi, crea condizioni di confronto e di competitività nel mercato senza subordinare a questo lo Stato, o viceversa, valorizza l'intraprendenza e la competitività individuale e collettiva senza dimenticare la solidarietà, l'attenzione per gli ultimi che non hanno voce e che non possono altrimenti farsi sentire nelle stanze del potere.
Diceva Moro: "Lo Stato del valore umano, lo Stato fondato sul prestigio di ogni uomo e che garantisce il prestigio di ogni uomo è uno Stato in cui ogni azione è sottratta all'arbitrio e alla prepotenza, in cui ogni sfera di potere e di interesse obbedisce ad una rigida delimitazione di giustizia, ad un criterio obiettivo e per sua natura liberatore; è uno Stato in cui lo stesso potere pubblico ha la forma, la misura e il limite della legge, e la legge come disposizione generale è un atto di chiarezza, è una funzione di responsabilità, è un impegno generale ed eguale" (discorso Milano 3.10.1959)

E' necessaria per questo una sempre maggiore capacità di comprensione e condivisione del travaglio della società, di interpretazione della sua articolazione geografica, sociale, economica e culturale, in una parola politica.
Si tocca qui l'esigenza della modifica delle leggi elettorali (...), per recuperare le funzioni alte di rappresentanza democratica, di confronto di ampliamento della base politica e di legittimazione dell'azione di governo.

Ma si pone anche il problema di una riforma federalista del Parlamento: del rapporto tra Parlamento e Consigli regionali e tra questi e gli enti locali; della realizzazione di un sistema diffuso ed articolato di parlamenti, tutti egualmente garanti della rappresentanza sociale e della partecipazione e per questo dotati di autonomia e dignità analoghe.

In questo modo il Parlamento cessa di essere palazzo, apre il palazzo ed esce egli stesso dal palazzo per essere nella società, Parlamento diffuso, e magari Parlamento federale (in una sua Camera, per rispecchiare la ricchezza della cultura e società regionale) momento di ascolto, soggetto di sintesi dei bisogni e degli interessi della cultura e dei valori che formano le ricchezze complessive delle società moderne e di quelle italiana in particolare.

Conclusioni: la vita parlamentare

Moro ci ha insegnato che la Democrazia è partecipazione e confronto tra partiti - tra questi e la società e le istituzioni.
Moro ci ha insegnato che la vita parlamentare è confronto schietto e duro, anche conflitto; mai scontro, conflitto senza regole, senza direttive e logiche, conflitto per sé.
Moro ci ha insegnato che bisogna trattare sempre, che anche nei momenti in cui il conflitto e persino lo scontro si fa più duro e radicato bisogna tener aperto un livello di trattativa, di dialogo, di ricerca intelligente, paziente e persino testarda del punto di incontro, sino alla fine, senza mai arrendersi o rassegnarsi alla incomunicabilità o alla rottura:

- nelle politiche se questo è possibile;

- nelle regole se la politica segue solo dissensi non è possibile;

- sul ruolo, prestigio, funzionalità delle istituzioni per le democrazie.

Moro ci ha insegnato che le trattative si basano, nell'attenzione reciproca, su quel tanto di fede nelle proprie ragioni e di umiltà che porta a considerare le ragioni altrui.
Moro ci ha insegnato perciò che la politica e la democrazia è l'arte del vivere insieme - gruppi, ideologie, interessi, cultura, storie diverse..... a livello locale e nazionale e che il Parlamento e le assemblee rappresentative devono essere la sede più alta, quasi il tempio di questa convivenza; il simbolo e l'immagine che offriamo al nostro Paese, alla nostra Regione delle nostre capacità di confrontarci, di dialogare, di cercare una sintesi che possa fornire al Paese la mappa per attraversare il presente, verso un futuro meno incerto, più libero.

* * * * *

E' stato osservato che "il sistema parlamentare non ha funzionato molto bene nelle grandi crisi" (MOSSE) e forse nelle fasi storiche di grande mutamento.
Ma il futuro sarà sempre più un tempo di grandi mutamenti e il sistema parlamentare deve fare i conti con questi tempi nuovi e con i suoi attori forti che sfideranno - forse in modo nuovo - la democrazia.
Il futuro è aperto, è aperta la sfida, sta a noi che crediamo nella democrazia e nel Parlamento raccoglierla e costruire tempi di libertà e giustizia, difendere non con la retorica astratta ma con il coraggio delle riforme " lo Stato democratico" o come diceva Moro "lo Stato del valore umano".
Dobbiamo avere coscienza di questo compito arduo ed esaltante, perciò non possiamo rassegnarci alla mediocrità.
Io non so se siamo migliori o peggiori dei nostri predecessori, le classifiche non mi riguardano e mi irritano.
Io so, e questo è certo, che noi siamo l'espressione democratica della nostra società col suo travaglio, le sue crisi, la sua vitalità, la sua speranza.

A noi, tra tanti possibili, i sardi hanno affidato il loro futuro: dobbiamo essere coscienti, fieri e responsabili, per dare il meglio di noi stessi, per dare prestigio alla assemblea rappresentativa del popolo sardo, per dare senso e ragione alla loro fiducia e alla loro speranza.

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