Nota stampa
della seduta n. 214 pomeridiana del 10 settembre 1997
Il Consiglio regionale ha proseguito i lavori sotto la presidenza dell'on. Sergio Milia
Prosecuzione della discussione generale
sul Disegno di legge n. 87/A -
Tutela e valorizzazione della cultura
e della lingua della Sardegna.Dopo aver espresso il proprio rammarico per dover parlare ad un'Aula semivuota, fatto che va a discapito dell'immagine del Consiglio, l'on. Bonesu (Psd'Az) ha sollecitato una maggiore attenzione da parte dei consiglieri e del Presidente della Giunta, assente, verso l'argomento in discussione, molto importante.
Per Bonesu, il legare la lingua al concetto di unità statuale risale all'800, quando nella formazione del Regno si diceva che la lingua italiana doveva contribuire all'unificazione dell'Italia. Oggi la Lega rivendica, in lingua italiana, la separazione della Padania. Ciò dimostra che i problemi culturali sono diversi da quelli politici.
Bonesu ha citato il Parlamento algerino, che, dibattendo sulla lingua ufficiale da adottare nell'Assemblea, ha optato per l'arabo coranico. Ma il dibattito si è svolto in arabo algerino, in francese e in berbero. Cioè, partendo da problemi ideologici, ci si scontra con la realtà.
Quando i poteri politici intervengono sui problemi linguistici devono farlo "in punta di piedi". Noi, ha detto Bonesu, dobbiamo fare una legge che non pretenda di imporre una lingua.
Bonesu ha citato diversi esempi di altre popolazioni, come quella ladina, che usano varianti della lingua.
Se i dialetti non si sono unificati in una koinè, ciò non vuol dire se non abbiano una loro dignità.
Occorre prendere atto della nostra realtà linguistica, ha aggiunto Bonesu, e predisporre una legge che dia capacità alla lingua sarda di superare una situazione difficile, come quella vissuta dal catalano, che è rinato dopo il termine della dittatura franchista.
Per Bonesu, oggi si attraversa un momento fulgido della lingua sarda e occorre riflettere sul fatto che c'è stato un tentativo di farla abbandonare, considerandola lingua di basso ceto sociale.
Bonesu ha sottolineato la funzione della scuola dove si insegna la cultura italiana, ma non la lingua e la cultura sarda. E' stato infuso un senso di inferiorità, trascurando fatti storici di rilevante importanza.
La cultura sarda ha vissuto, a livello popolare, un periodo di negazione di valore, mentre la lingua italiana è stata vista come unica lingua di comunicazione, mentre la lingua di comunicazione è oggi l'inglese.
Senza negare i valori della lingua italiana, Bonesu ha affermato che si devono usare tutte le lingue a seconda della necessità e del tipo di comunicazione.
Bonesu ha poi ricordato che alcune TV locali trasmettono telegiornali in sardo. Ma per un politico è difficile fare un'intervista in sardo perché non si possono esprimere le fumosità del linguaggio politico. Il sardo è una lingua legata alla realtà e il suo uso in politica certamente avvicinerebbe il mondo politico alla realtà.
Lo statuto sardo, ha concluso Bonesu, non ha previsto alcuna tutela della lingua. La legge in discussione cerca di avviare a soluzione alcuni problemi. Certo, la legge corre il rischio di insabbiarsi nella burocrazia e su questo si dovrà porre la massima attenzione. Certamente è una legge sulla quale si dovrà tornare, ma è una legge da fare.L'on. Lorenzoni (PPI), dopo aver detto di aver la sensazione che la dichiarazione di incostituzionalità per una parte della legge, fatta dalla Corte Costituzionale, ha dato la possibilità di dibattere e confrontarsi ancora su un argomento di rilevante importanza, ha affermato che è giunto il momento di interrogarsi sul senso e sul valore della nostra identità culturale. Ed allora, ha aggiunto, difendere la nostra lingua e la nostra cultura può aiutarci nel processo di sviluppo e di globalizzazione della società?
Lorenzoni ha affermato che secondo lui sarà proprio la tutela dei valori di identità a sorreggerci nello sviluppo e nell'incidere nella società globale. Se, ha detto, abbiamo difeso il nostro territorio dalla cementificazione, se oggi il sentimento della tutela dell'ambiente è diffuso in tutti gli strati della popolazione, è probabilmente perché siamo "cementati" da una medesima identità culturale, fieri di essere sardi e gelosi della nostra cultura, della nostra tradizione e del nostro territorio.
Concludendo, Lorenzoni ha affermato che è necessario riflettere per verificare se l'approvazione della legge è la cosa più giusta. Ed anche questa volta la risposta è positiva perché costituisce l'atto che rappresenta un principio e la sua continuità. "Facciamo in modo che il nostro patrimonio culturale sia non solo nostro ma anche dei nostri figli".Netto, deciso, il giudizio espresso dall'on. Masala, capogruppo di A.N., il quale ha chiesto di sgombrare il campo da troppi equivoci presenti nel disegno di legge, a partire dallo stesso titolo. Perché si parla di lingua e di cultura sarda?, ha chiesto l'oratore. La lingua è o non è parte del patrimonio culturale della Sardegna? Se si tratta di due "cose diverse", ha aggiunto Masala, il provvedimento deve seguire "un percorso ben diverso da quello che sta percorrendo".
L'oratore, quindi, dopo aver sottolineato "di saper parlare e di saper, specialmente, pensare in sardo" ha anche affermato di "possedere il DNA del sardo" e, quindi, di essere abilitato a parlare ed ad analizzare questo disegno di legge con tutti i titoli ed i diritti necessari.
Masala ha, quindi, ricordato le iniziative di A.N. contro la secessione ed il tentativo di "separarsi" dall'Italia messo in atto dai leghisti. Ed ha sottolineato come in Lombardia, in Veneto e nelle altre regioni del Nord i leghisti parlino in italiano perché sono italiani. Ma i leghisti hanno presentato una proposta di legge sul bilinguismo, proprio perché la lingua è il primo tassello nel mosaico dello secessione politica.
L'oratore ha poi affrontato i temi della coincidenza tra Nazione e Stato, della lingua unitaria e dello stato plurilinguistico. Con particolare argomentazioni, quindi, l'oratore ha esaminato i temi "della lingua per comunicare, della lingua colta, della lingua comune".
Quando un popolo diventa Nazione, la lingua è unica. Se si rompe l'unicità della lingua, si rompe l'unità della Nazione, il bilinguismo, quindi, deve essere contestato, bloccato e bocciato dalla Corte Costituzionale perché è un "grave attentato alla stessa Costituzione". Da tempo, comunque, non si parla più di bilinguismo, proprio perché la rottura dell'unità linguistica è preludio alla rottura dell'unità nazionale ed è una modifica sostanziale della Costituzione.
Quando si chiede il bilinguismo o la tutela speciale di una lingua, quindi, si tenta di "rompere" l'unità nazionale. Ed è proprio quello che sta tentando di fare Bossi.
Esaminando, infine, la contrapposizione della lingua alla cultura, come previsto da questa legge, Masala ha confermato che A.N. è decisamente favorevole alla valorizzazione della cultura e delle tradizioni sarde. E' decisamente contraria, invece, ad un diverso "percorso" per la lingua, perché questa è una operazione politica da contestare assolutamente. Non si può, infatti, chiedere la tutela del sardo considerandolo "concorrenziale e sostitutivo della lingua italiana" perché, in questo modo si mina, alle fondamenta, la stessa unità nazionale. E questa è una posizione politica che A.N. non può assolutamente accettare."Il provincialismo è una brutta malattia", ha affermato l'on. Scano (Progr. Fed.) e si corre il rischio che la tutela della lingua e della cultura sarda venga imposto dal Parlamento Europeo e da quello italiano.
Il punto fondamentale è quello di "ridare un'anima a noi stessi", non quello di difendere il folclore, ha aggiunto Scano, e se tutto fa pensare che questa sia la volta buona, occorre prevedere le difficoltà di applicazione della legge.
Scano si è poi soffermato sulla possibilità che la legge apre per incidere positivamente sulla cultura sarda. C'è chi pensa che occuparsi di lingua e cultura sia un'operazione astratta o antimoderna, ma occorre dare atto alla cultura sardista della lotta portata avanti con successo per la maturazione di tutta la sinistra su questo argomento.
Tra economia e cultura c'è un rapporto, ha aggiunto Scano, c'è un nesso tra il grado di coscienza di una collettività e le capacità di organizzare le risorse. Si può rilevare che nell'economia della cultura c'è più consumo di ciò che è prodotto altrove rispetto alla produzione locale. Ricordando poi la "rivolta dell'oggetto" di Michelangelo Pira, Scano ha affermato che occorre essere soggetti attivi nell'organizzare la propria esistenza.
Parlare di cultura vuol dire parlare di sviluppo e di economia. Occorre rendersi conto che nel giro di pochi decenni tutto il mondo parlerà in inglese. Identità e modernità non sono valori antagonistici, ha proseguito Scano, ma identità non vuol dire rinchiudersi in un guscio, così come modernità non vuol dire "uscire da sè stessi".
Se l'Europa unita si fa unendo i soggetti che nello scambio acquistano ricchezza, non si deve pensare alla modernità come un processo di omologazione in cui tutti sono uguali.
Sul rapporto Sardegna-Italia, Scano ha affermato che non si può pensare di doversi spogliare dall'essere italiani, ma semmai occorre tener conto delle relazioni tra mondi culturalmente diversi. Dall'identità discende l'autodeterminazione senza per questo mettere in discussione l'unità italiana. Se il popolo sardo è un popolo distinto, esso ha diritto all'autodeterminazione e la presa di coscienza di sè stessi implica il concetto di sovranità che però si pone in termini diversi rispetto al passato. Oggi non si può avere il potere su sè stessi se non si fa parte di un potere più vasto. Ecco perché la soluzione non è l'indipendenza, ma una forma statuale diversa.
Dopo aver ricordato che oggi sono ripresi i lavori della Bicamerale, Scano ha affermato che la Sardegna deve essere pronta a rilanciare una rinegoziazione bilaterale del rapporto Stato-Regione.
Sul tema della lingua, Scano ha detto che le visioni del passato sono state spazzate via. Dopo aver respinto la concezione della lingua sarda come lingua povera, Scano ha posto in guardia contro la burocratizzazione che potrebbe provocare il rigetto della lingua da parte degli stessi sardi. Per questi motivi, il testo in discussione è più valido rispetto a quelli presentati nelle passate legislatura. Quindi occorre evitare di appesantire il testo con emendamenti fuori luogo.
Noi sardi, ha concluso Scano, corriamo il rischio di bruciare le nostre possibilità di sviluppo. Da tempo non riusciamo a porre con capacità strategica i temi dello sviluppo. Ma la volontà di affermazione di sè può essere una leva fondamentale per lo sviluppo e per l'economia.
Il binario identità-modernità indica la via dello sviluppo basato sulle nostre risorse, per un riscatto che presuppone la consapevolezza.L'assessore alla cultura on. Serrenti (Psd'Az.) si è rammaricato in apertura del suo intervento per lo scarso interesse dimostrato dall'Aula per il dibattito sulla lingua e la cultura sarde. Quindi si è addentrato sul tema della lingua affermando che il dibattito su questo problema si è snodato lungo gli anni e che è stato merito di una piccola parte politica, il Psd'Az , se oggi si è arrivati all'esame dell'Assemblea. Infatti l'approvazione della legge è anche frutto di una sensibilizzazione al problema che in tutti questi anni è stata svolta da una minoranza politica, che è però riuscita a smuovere gli impedimenti preconcetti che esistevano nell'ambito di quasi tutti gli schieramenti politici.
Serrenti ha ricordato il lungo iter della legge e parlando del sardo ha affermato che esso ha resistito a tutte le aggressioni subite nell'arco di secoli. Non solo ha resistito, ma si è anche arricchito, mutuando da altre culture e da altre lingue che venivano imposte dagli invasori.
Questo dibattito, ha detto ancora Serrenti, si svolge in un periodo di grandi aperture e di enormi possibilità di comunicazione favorite dalla tecnologia che permette anche ai sardi di partecipare allo sviluppo globale. Le repressioni avvenute in passato, e non solo le repressioni psicologiche nei confronti di chi parlava il sardo, non sono oggi immaginabili. Il terreno è diverso e la Sardegna deve profittare di questo momento per darsi occasioni di nuovo sviluppo, anche culturale. "I nostri giovani, ha detto, devono confrontarsi con gli altri con la consapevolezza orgogliosa della propria identità, fieri di quella ricchezza che possediamo, costituita dal territorio, dalla cultura ed anche dalla diversità della nostra lingua".
L'Assessore ha quindi avvertito che la Sardegna è in ritardo rispetto alle altre regioni, non solo italiane, nella tutela del patrimonio culturale. C'è il rischio che l'Unione europea ci imponga di salvaguardare questo patrimonio, perchè, ha ricordato, è proprio l'Europa che intende valorizzare le culture locali, conscia dell'importanza delle diversità nell'ambito di un unico sistema politico, economico e culturale.
Serrenti si è inoltre augurato che il Governo non blocchi la legge la quale rappresenta un vero passo in avanti nella ricerca di uno sviluppo non solo culturale, ma anche politico ed economico. Concludendo ha ringraziato le commissioni che nel corso degli anni si sono occupate del problema della lingua e della cultura, ha ringraziato l'on. Scano che ha riconosciuto al PSd'Az il ruolo di iniziatore e sostenitore della legge ed ha rivolto un appello al gruppo di A.N. affinchè molti degli emendamenti presentati da quel gruppo vengano ritirati per arrivare quanto prima alla approvazione della legge e per arrivarci, se è possibile, con una volontà unitaria. "Sono convinto che questo provvedimento servirà, ha detto rivolto ai consiglieri di A.N., a unire i sardi e non a dividerli o a creare motivi di seperazione dall'Italia".
I lavori del Consiglio proseguiranno
domani alle ore 16,30.